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Quell'emergenza alla vita nel sillabario di Ezio Sinigaglia

28/03/2023 01:01

Admin

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Quell'emergenza alla vita nel sillabario di Ezio Sinigaglia

A cura di Gianfranco Cefalì

Libro presentato da Lorenza Foschini nell’ambito dei titoli proposti dagli Amici della domenica al Premio Strega 2023


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Ezio Sinigaglia

 

Sillabario all'incontrario

 

TerraRossa 

 

Le recensioni in LIBRIrtà


A cura di Gianfranco Cefalì

 

    Sillabario a caso.

 

    Ezio Sinigaglia ha iniziato dalla fine nel suo romanzo: dalla lettera Z. Io non voglio essere da meno (e già lo so che non ne sarò all’altezza, non preoccupatevi, non sono impazzito) e sceglierò un criterio totalmente arbitrario: ovvero: sceglierò delle lettere a caso e proverò a trovare una strada che mi permetta di parlarvi di questo libro.

 

    F come febbre. Sì, quando avevo letto solo trentasei pagine ci è venuta a trovare “l’Australiana”, specifico: nessun ménage à trois, nessuna amica con cui scambiare idee o consigli sui libri o sulla vita, solo: una brutta influenza che mi ha regalato tre giorni di febbre alta e un’alimentazione fatta di pane e Tachipirina.

 

    La seconda notte di influenza, nel mio delirio febbrile, ho “scritto”: (sì, ho usato il verbo scrivere; anche se create nella mia mente, le parole mi sono sembrate così lucide e vivide che ho avuto l’impressione che fossero effettivamente scritte su un qualche supporto), sì insomma ho scritto una recensione bellissima sul libro, dopo solo trentasei pagine! In quella notte mi è sembrato di capire tutto il romanzo, tutto quello che c’era da comprendere e avevo “scritto” qualcosa di bellissimo, qualcosa che sarebbe rimasto nella storia. Risultato: la mattina dopo non ricordavo assolutamente niente, la mia memoria non serbava alcuna traccia di quelle frasi pompose e arroganti (ma bellissime) che avevo trovato nel mio pensare piressico. Così ho dovuto ricominciare: bene, magari la lettera F non c’entra molto con il libro, anche se una strana febbre si può sentire durante la lettura, forse più che di febbre si potrebbe parlare di smania, di desiderio (qui come potete vedere ci sono già diverse lettere che potremmo prendere in considerazione: la S di smania, la D di desiderio, tutte lettere che in fondo si collegano bene al romanzo) ma voglio andare oltre e provare con un’altra lettera: G di genere: specifico: non genere come identità di genere, non voglio fare un discorso sulla sessualità (anche se ci starebbe bene, perché Ezio Sinigaglia ha un grande merito: quello di riuscire a parlare di sessualità con una naturalezza e un candore che difficilmente si riscontrano tra gli altri autori contemporanei, facendoci facilmente capire che nella realtà della vita il sentimento che comunemente chiamiamo amore è veramente universale), dicevo G come genere: questo romanzo non può essere annesso a nessun genere in particolare, non può essere catalogato (potremmo parlare di giallo introspettivo, oppure di biografia, o ancora autofiction, romanzo di formazione, saggio, discorso amoroso), in realtà può solo essere quello che è, cioè: un meraviglioso esperimento di scrittura, un romanzo talmente attuale da sembrare futurista (nel senso che per essere stato scritto tra il ‘96-’97 risulta straordinariamente attuale e contemporaneo), è la storia della ricerca di una cura per una malattia inespressa solo in parte: molto probabilmente la depressione, che ha come terapia la scrittura stessa in un gioco continuo di rimandi e storie che hanno attraversato la mente e il corpo dello scrittore dall’infanzia adolescenza fino alla maturità e viceversa, non essendoci un preciso ordine cronologico.

 

    Faccio una breve parentesi e di conseguenza una breve pausa dall’alfabeto: vorrei parlarvi proprio di questo piccolo segno di interpunzione: sì, i due punti. Qui mi affido di nuovo all’enciclopedia Treccani (non vorrei sbagliare): “I due punti introducono una pausa intermedia tra il punto e la virgola e vengono usati per ottenere diverse funzioni sintattiche e testuali, come quelle dichiarativa, presentativa e argomentativa, o per introdurre il discorso diretto”. Ora potrei benissimo chiudere questa parentesi e dirvi: leggete questo libro e questo piccolo intarsio nella Treccani vi ritornerà ossessivamente nella mente e nei vostri pensieri, infatti: io qui chiudo le parentesi, l’uso strepitoso di questo segno caratterizza tutto il romanzo dandogli non solo colore, ma anche calore e ritmo, contraddistingue tutta la scrittura caratterizzando (come dicevo prima) al futuro questo libro.

Altra lettera: D come dialogo o C come conversazione, scegliete voi. E dobbiamo andare anche alla E di eros: è qui che troviamo uno splendido dialogo o conversazione tra Ezio e Marcello, qui troviamo tutta quella naturalezza, freschezza, ingenuità dell’amore e dell’eros, qui troviamo quella concreta bellezza della scrittura che caratterizza l’intero libro. La lettera E è un bellissimo esempio di timidezza e insieme di schiettezza e spontaneo e innocente incontro scontro confronto tra i due protagonisti di questa bellissima “lettera”.

 

    Altra lettera: bivalente: F come film, F come falso. La lettura e la scrittura di questa “lettera” mi è venuta in mente così: improvvisa, quasi come non c’entrasse nulla con il contesto, perciò prendetela per quella che è: un semplice spunto derivato da un’altra narrazione: una narrazione filmica. All’inizio del film dei fratelli Coen, “Fargo”, appare questa scritta: “Quella che vedrete è una storia vera - I fatti esposti nel film sono accaduti nel 1987 nel Minnesota. Su richiesta dei superstiti, sono stati usati dei nomi fittizi. Per rispettare le vittime tutto il resto è stato fedelmente riportato”. Ora in realtà la trama di Fargo è totalmente fittizia, tant'è che alla fine dei titoli di coda si legge: “Le persone e gli eventi rappresentati in questa produzione sono fittizi. Nessuna somiglianza con persone reali, vive o decedute, è intenzionale o dovrebbe essere desunta”. Questo per dire cosa? Per dire con molta semplicità: qualsiasi sia la storia, la verità, il concetto e le vicissitudini e che queste siano vere o false (sono vere!), Ezio Sinigaglia avrebbe anche potuto inventare tutto (sarebbe stato ancora più clamoroso, ma questo è un altro discorso), il risultato non sarebbe assolutamente cambiato. (Lo so, F come Falso è anche il titolo di un film di Orson Welles, ma adesso mi sto perdendo dentro le mie elucubrazioni, sto rischiando seriamente di smarrire la strada, ma è importante che io esprima meglio questo concetto: quando ci troviamo davanti alla grande letteratura, che questa sia “vera” o “falsa” poco importa, quello che veramente è notevole e importante è sempre il come: come la non trama di questo libro viene affrontata, come la scrittura risulti sempre densa e funzionale, frammentaria e ispirata allo stesso tempo, come una struttura non struttura nel romanzo non ne infici assolutamente la coerenza e la bellezza, insomma, prima che mi riperda di nuovo: è uno splendore leggere le parole dell’autore, con la sua ironia ‒ ecco, qui siamo di fronte a un’altra lettera! I come ironia ‒ che pervade e ammanta di quella leggerezza necessaria per questo tipo di opere sia il libro che il lettore). 

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    Le lettere da citare sarebbero ancora molte: S come scrittura, T come trama, A come amore, in realtà credo che non riuscirei a trovare nessuno spunto solo in quattro lettere “strane” come la Y (sì, yogurt, ma non saprei proprio che farmene!) o la X, la K e la W (in realtà credo che con un po’ di ricerca riuscirei a trovare qualcosa...). 

 

    Ora finisco il mio gioco e mi avvio verso la conclusione: Ezio Sinigaglia è uno di quegli autori che riesce sempre a sorprendermi, uno di quegli scrittori che riesce a regalarmi lo stupore: diversissimo da libri come “Il pantarei” o “L’imitazion del vero” questo libro ci consegna una lettura sfaccettata, complessa, pervasa da una giusta dose sia di malinconia che di ironia, che ci fa addentrare all’interno dello sguardo di uno scrittore particolare, lontano dal clamore e dalle mode letterarie a noi coeve, che è riuscito a essere avanti e perciò contemporaneo con un testo scritto a metà degli anni Novanta. Uno scrittore che usa la lingua e la scrittura in modo magnifico, inventando e sperimentando senza la presunzione e l’arroganza che ne inficerebbe quella che credo possa essere considerata una delle più grandi qualità di questo autore, ovvero: l’essere genuino, l’essere uno scrittore con la S (ecco che un altro significato per una lettera già citata si affaccia nella mia mente: S di scrittore) maiuscola. Concludo ritornando solo poche righe più sopra per riprendere la A di amore: questo è il classico esempio di come un’opera letteraria faccia innamorare il lettore, sia dei libri che della letteratura in generale, un’opera che trasuda amore per la scrittura da tutte le lettere e che ci consegna un libro (non un capolavoro, sia chiaro, ma un bellissimo esempio di letteratura vera) che vi spingerà avidamente a voler leggere tutto il possibile di Ezio Sinigaglia. Perché? Perché stupisce con le parole.


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L'autore

Ezio Sinigaglia meneghino del 1948. Ha svolto diversi mestieri, tutti legati alla scrittura. Tra i suoi titoli: Il Pantarèi (1985). Per Nutrimenti ha tradotto il racconto Leviatano di Julien Green, pubblicato nel volume Viaggiatore in terra (2016) ed Eclissi (2017).

 

Il libro

Titolo: Sillabario all'incontrario

Edizioni: TerraRossa

Pagg.: 236

Prezzo: € 16,90