All rights reserved

Letto, riletto, recensito!

faziomassimomonade@yahoo.it
letto-riletto-recensito-manchette
image-832

facebook
twitter
gplus
youtube
instagram

Seguici nei nostri social

Per il suo esordio alla silloge, Elisa Audino viene intervistata per #LRR da Paolo Pera

24/11/2021 00:01

Admin

home, interviste,

Per il suo esordio alla silloge, Elisa Audino viene intervistata per #LRR da Paolo Pera

Per il suo esordio alla silloge, Elisa Audino viene intervistata per #LRR da Paolo Pera

schermata2021-11-23alle09-39-44-1637657377.png

Elisa Audino

 

Io qui ci vivo

 

Gattomerlino edizioni

 

Le interviste


copertinaaaa-1637657008.jpg

A cura di Paolo Pera

 

Ciao Elisa, benvenuta! Dunque, hai esordito quest’anno con la silloge Io qui ci vivo (Gattomerlino Edizioni), spiegaci il significato del titolo; riguarda l’amore per le montagne vicino a cui vivi? Quant’è presente la montagna nella tua poesia?

«In realtà il territorio è presente in contrapposizione a un sistema mondo globalizzato, che vivo sulla mia pelle – che viviamo, sarebbe più giusto dire – sia come consumatrice di merci che traslocano da un oceano all’altro sia come parte di una struttura amicale e affettiva che è ormai dispersa in continenti diversi. Il mio essere locale, ferma mentre gli altri si muovono e comunicano con me da sfondi e fusi orari diversi, è il senso del titolo, che riprende una poesia diciamo di protesta sulla sterilità della visione nostalgica dell’ambiente montano, anziché attiva, ma è anche il senso del libro. Marco Palladini, autore romano che definirei quasi postcontemporaneo e amo molto, ha usato la definizione glocale e la trovo calzante.»

 

Come inquadreresti la tua poetria? Chi l’ha ispirata? Ch​e compito assegni alla tua scrittura? Un po’ di tempo fa mi dicesti di ricercare suoni duri, spiega…

«La poesia è comparsa da sola a dire il vero, non l’ho cercata, tanto è vero che ho iniziato a scriverla tardissimo e facendo un passaggio inverso rispetto a quello usuale che va da poesia a prosa. L’ho pubblicata prima della prosa, ma l’ho scritta dopo un romanzo, che uscirà il prossimo anno, e dopo l’esperienza giornalistica locale. Se dobbiamo individuare un momento in cui ho iniziato a pensare alla possibilità della poesia semmai è stato quando al premio Calvino, nella scheda autore, si sono soffermati sulla mia voce lirica, che ignoravo. È stato come guardarsi allo specchio per la prima volta. E contemporaneamente sono entrata e uscita da più lavatrici, vita, linguaggio, la poesia è il risultato di questa centrifuga. Anche qui, recentemente, parlando con un poeta nigeriano, Dami Ajayi, e usando il termine lavatrice a proposito dell’esperienza ospedaliera, lui mi ha ricordato una frase usata da Frantz Fanon prima di morire di leucemia, giovanissimo: ‘They put me through a washing machine last night/Questa notte mi hanno buttato in una lavatrice’. 

Quanto all’assegnare compiti alla poesia è complesso: non ho tessere di partito, ma mi ritengo una persona abbastanza impegnata, diritti civili, femminismo, politica, ambiente, e le mie letture passano anche da tutte queste tematiche. È naturale che la mia poesia ne risenta, ma non è niente di prefigurato, anzi quando ci provo diventa pura retorica e posso buttare ogni verso andato accapo. A volte riflette i luoghi in cui vivo e lavoro, altre è capitato di scrivere poesia dopo una riunione di condominio, hai delle parole che rimbombano nella testa e a un certo punto hai bisogno di fissarle per non perderle. Poi ci lavori un po’ su per pulire quello che non serve, tutto qui.»

 

So che ti stai cimentando nell’arduo compito del traduttore, ce ne vuoi parlare?

«Una casualità anche questa o meglio il risultato dei mondi che ho attraversato. Ho studiato linguistica all’Università e ho un’attenzione ai suoni, alle consonanti in particolare e, per forza di cose, alle lingue straniere. Ma conosco solo inglese e francese e tu saprai che un lettore assiduo dopo un po’ va a cercare l’introvabile e l’introvabile non è tradotto, soprattutto in poesia. Se poi incastri il tutto con la mia passione recente per la letteratura africana – quella antica è per gli autori ebraici – finirai per andare a cercare raccolte da collezionisti privati e dalle librerie nigeriane locali e lavorarci sopra a lungo. Così è successo con Lola Shoneyin, autrice nigeriana straordinaria che organizza il più grande festival letterario africano a Lagos e nuora del premio Nobel Wole Soyinka – in Italia si trova il suo ‘Prudenti come serpenti’ tradotto da 66thA2ND -, ha scoperto che avevo trovato la prima edizione di una sua vecchia raccolta e mi ha scritto, credo perché stupita dal modo in cui l’avevo recuperata. Ne ho approfittato e ho chiesto di poter tradurre alcune sue poesie di ‘So all the time I was sitting on an egg’ per L’Estroverso. Con Dami Ajayi, altro poeta nigeriano, è andata più o meno allo stesso modo. Ho trovato una sua raccolta, insieme ad altre, ho creato un contatto e ne è nata una conversazione a distanza sulla sua poesia, sulla Nigeria e sullo stato in generale della poesia che porterò con me per tutta la vita. Il fatto è: se nessuno legge poesia, allora perché non tradurre quella nigeriana (e domani forse quella ghanese)? Come mi ha detto Dami Ajayi, che cito di nuovo, ‘per quanto la poesia sia ancora un’arte controversa, non siamo ancora arrivati ad avere penuria di poeti. La poesia abbonda perché la poesia è davvero una conseguenza del linguaggio e dell’umanità. Non importa se il sostegno istituzionale stia diminuendo, l’importante è che si continui a fare ed è quello che succede’. È lo stesso motivo per cui mi ostino a tradurre autori che qui sono sconosciuti. Importa lo slancio.

 

Cosa significa fare poesia oggi? Quali poeti vanno letti insindacabilmente?

«Insindacabilmente nessuno, nel senso che il mondo è talmente vasto che se tu citassi una schiera di poeti italiani come obbligatori io potrei fare altrettanto con altri a te del tutto sconosciuti e potremmo continuare all’infinito. L’importante è leggere buona poesia e non restare fermi in un unico posto, la differenza è il fattore principale della creatività (oltre al dolore).

La poesia che interessa a me sa assorbire il presente, ma anche questo non è un diktat. Ho letto anche poesia cinese del 700 e ci sono voci, magari intimiste, che sono liriche in reazione al contemporaneo e che in qualche modo però ne portano traccia e hanno una propria valenza.»

 

Cosa significa essere poeta per una donna?

«Forse fare qualcosa che non interessa a nessuno o che viene considerato qualcosa di simile al contare i petali di una margherita, m’ama/non m’ama. Ma che importa? Appunto, peccato che ci sia in Italia un ritardo di comprensione della potenza della parola poetica, che credo sia dovuto all’eccessivo riferimento ai classici – ‘la vera dittatura è il culto della tradizione’ come ha scritto Jonathan Bazzi, in riferimento alla cultura in genere -, ma come dicevo prima poco importa. L’importante è che la poesia si continui a fare, se dovessimo scrivere per la gloria o per il successo di sicuro avremmo tutti abbandonato la penna già da un pezzo.

Quello che significa fare poesia per un uomo, ma è chiaro che ogni voce risente del proprio vissuto. Forse, ecco, diciamo che la poesia femminile viene spesso definita ‘intimista’ a prescindere dal contenuto. O un hobby.»

 

Per tornare al libro, quali sono i temi della raccolta? Cosa troveremo in questa? Cosa ci sorprenderà leggendola?

«Ognuno, si diceva tempo fa con la cara amica e poeta Felicia Buonomo, ha propria ossessione tematica. La mia ha a che fare con la distanza o meglio con l’elasticità delle distanze. Ed è spesso una poesia che dialoga con qualcuno, con un tu pensato o immaginato, con delle controvoci. Mi piace pensare alla poesia come a un pianoforte, a dei salti di ottave, agli alti e ai bassi. Non amo spiegare, scrivo per sequenza di immagini a volte, tolgo il superfluo, la parola che non suona.»

audino-1637657350.jpg

Dove sta andando la tua poesia? Progetti futuri, oltre le traduzioni?

«Ho in mente una preghiera laica e la parola umanità, ma i progetti poi spesso non funzionano, non riesco a scrivere su commissione, neanche quando la committente sono io.

A febbraio uscirà il mio primo romanzo e sto lavorando al secondo, a momenti alterni, in mezzo come per tutte le persone che scrivono e contemporaneamente devono pensare alla propria sussistenza economica e alla propria famiglia, c’è la vita reale. Che poi è fonte di scrittura, no?»

 

In conclusione, hai una massima che ti guida? Una massima che vuoi condividere con noi?

«Direi proprio di no, le massime tendono a diventare minime appena si pronunciano. Però ho un verso di un autore nigeriano letto pochi giorni fa, Logan February, che mi rimbomba nella testa: ‘Ho chiesto di vivere ancora, non per sempre’.»

“Un libro per sognare”: il sostegno solidale alla cultura delle Acli Catania e Rotaract

19/11/2021 00:08

Admin

home, news, Acli Catania, Rotaract, Un libro per sognare,

“Un libro per sognare”: il sostegno solidale alla cultura delle Acli Catania e Rotaract

Un libro per sognare: “Un libro per sognare”: il sostegno alla cultura delle Acli Catania e Rotaract

25395434922528837650183222538673660082600984n-1637272923.jpg

Le news

 

Si intitola “Un libro per sognare” ed è un’iniziativa di raccolta libri usati da destinare ai bambini e ai ragazzi piacciono bisognosi del territorio. L’iniziativa è promossa dalle Acli di Catania, dal club Rotaract Etna Centenario, dall'associazione Giovani delle Acli Catania e dalla libreria Mondadori Bookstore Catania.

 

Per tutto il mese di novembre, presso la Libreria Mondadori Bookstore (via Roberto Giuffrida 23) di Catania e presso la sede Acli Catania (Corso Sicilia 111), si potranno così donare libri di qualsiasi genere, dal romanzo alla narrativa, adatti a bambini e ragazzi, inclusi libri scolastici per elementari e medie.

 

Sono fermamente convinto - afferma il presidente provinciale Acli Catania Ignazio Maugeri che veicolare cultura sia fondamentale per la crescita, sana e costruttiva, dei ragazzi di oggi. Un libro custodisce saperi, permette di conoscere nuovi mondi e nuove storie, stimola la fantasia e l’immaginazione. Leggere può davvero cambiare il nostro modo di pensare e di agire concretamente per migliorare il mondo in cui viviamo”.

 

Il Presidente del Rotaract Etna Centenario, Francesco Andronico ha così dichiarato: “Vi invito a partecipare numerosi a questo piccolo passo di umanità. Dopo i periodi oscuri che abbiamo passato, fare del bene è uno spiraglio per ripartire uniti insieme!

 

Per Enrico Greco, ideatore del progetto e da anni vicino al mondo dei Giovani delle Acli catanesi: “Un libro è cultura, passione e speranza. Facciamone dono, con un piccolo gesto, a chi ne ha più bisogno".  

 

Donare un libro significa diffondere cultura, regalare sorrisi, trasmettere spensieratezza. Tramite questo piccolo gesto si avrà così la possibilità di contribuire alla formazione e all'educazione altrui, perché un bambino che ama leggere diventerà un adulto più consapevole.


libri-volanti-1637273141.jpg

L'insaziabile antifascismo di Francesco Filippi

18/11/2021 00:01

Admin

Recensioni, home,

L'insaziabile antifascismo di Francesco Filippi

Nuovo capitolo per l'antifascismo miliziano di Francesco Filippi - Le recensioni in LIBRIrtà - A cura di Letizia Cuzzola

schermata2021-11-01alle15-36-36-1635777415.png


A cura di Letizia Cuzzola

 

Noi però gli abbiamo fatto le strade” di Francesco Filippi (Bollati Boringhieri, 2021) è ancora fresco di stampa, scotta anche perché il tema trattato non è dei più semplici. 

Tutti, a scuola, abbiamo studiato questa parte di Storia fra Ottocento e Novecento e successivamente nel periodo fascista ma nessuno sembra ricordarsene. L’impresa coloniale italiana è scivolata nell’oblio come la polvere sotto il tappeto e se qualche parola esce fuori, quasi certamente, sarà la frase: Noi però gli abbiamo fatto le strade, come un vessillo di cui andar fieri ma che, in realtà, riduce ottant’anni di fallimenti, massacri, razzismo e quant’altro di nefando possa esserci in queste sette parole. 

La storia coloniale italiana inizia ne 1882 con l’acquisizione da parte dello Stato italiano dei diritti sulla baia di Assab per salvare la convenzione coi sultani di Assab stipulata nel 1869 dalla compagnia di navigazione Rubattino di Genova. Chi se lo ricordava per averlo studiato? Nessuno. E questa è la prima. Insomma, l’Italia avvia la sua colonizzazione dell’Africa quasi per botta di culo più che per convinzione. Ma sono i decenni in cui le grandi potenze europee fanno i conti con i territori colonizzati, noi ci stiamo arrivando tardi ma questa appare come l’unica via per acquisire prestigio e potersi sentire grandi. 

Ci siamo messi a fare un mestiere di cui non avevamo idea, dicendo che saremmo migliorati e che era giusto che ci mettessimo all’opera per portare la ‘civiltà’ in luoghi di cui avevamo più coscienza letteraria che geografica. Vaste lande in cui far migrare le nostre masse contadine piegate dalla povertà piuttosto che lasciarle andare con le loro valige di cartone verso l’America che, comunque, restava sempre la meta preferita. Non ne abbiamo azzeccata una e a nulla è valsa la campagna mediatica per dimostrare che non stavamo andando a rubare niente a nessuno: la popolazione africana è considerata al pari della fauna e della flora locale tanto che, nel 1911, anche Torino vanterà il suo «zoo umano» in cui saranno riprodotti i villaggi conquistati con tanto di figuranti in carne e ossa. Tanto che non saranno sottoposte a censura neanche le immagini delle donne a seno nudo nei territori conquistati: considerate esseri inferiori non dovranno sottostare alle stesse norme che, nella madrepatria, vigono sul pudore o la morale. Le donne, le bambine rientrano nei bottini di guerra, nei souvenir da riportarsi a casa al pari di un soprammobile in legno. Interi popoli considerati oggetti da depredare come in un megastore pensando ai regali di Natale.

copertinafilippi-1635777468.jpg

Alle mire italiane non sfuggono l’Etiopia, l’Eritrea, La Somalia, la Cina (un minuto di silenzio e andate ad approfondire anche questa mirabolante impresa) e la Libia, quest’ultima per la sua posizione geografica viene assoggettata per la sua vicinanza al territorio italiano, nel 1939 diverrà la diciassettesima regione italiana, quasi una dependance, un villaggio vacanze. Solo che il conto per il soggiorno Gheddafi ce l’ha presentato nel 1970 e in tempi più recenti. Come il conto con la Somalia lo abbiamo pagato con l’operazione Restore Hope, nel 1992, quando ormai sembrava storia lontana, chiusa con la dichiarazione d’indipendenza somala del 1960. Su quest’ultima questione vi invito ad approfondire le testimonianze dei soldati italiani di ritorno dalla missione, sacchetto per il vomito alla mano. 

Le strade. È vero, Mussolini era entusiasta di aver rimaneggiato le antiche vie romane come quei governanti che esultavano per ogni metro in più della Salerno Reggio Calabria che si riusciva a inaugurare… il fatto che resistano ancora alcune infrastrutture in quelle zone dimostra solo che abbiamo sempre avuto buoni ingegneri, anche perché di altro è sempre stato vietato parlare. L’amnesia è tale che a ogni sbarco di clandestini ci si chiede perché vengano in Italia (in geografia continuiamo ancora ad avere problemi seri), si glissa sul fatto che siamo stati e siamo un popolo di emigranti e che di conti aperti ovunque siamo stati ne abbiamo sempre lasciati. 

Iniziamo a non aver paura ad affrontare testi come questo che magari passano in sordina ma che costringono a serie riflessioni ed esami di coscienza.


schermata2021-11-01alle15-35-55-1635777580.png

L'autore

Storico della mentalità e formatore, è presidente dell’Associazione di Promozione Sociale Deina, che organizza viaggi di memoria e percorsi formativi in collaborazione con scuole, istituti storici e università in tutta Italia. Ha collaborato alla stesura di manuali e percorsi educativi sui temi del rapporto tra memoria e presente. Tra le sue ultime pubblicazioni Appunti di Antimafia. Breve storia delle azioni della ‘Ndrangheta e di coloro che l’hanno contrastata (con Dominella Trunfio, 2017), Il Litorale Austriaco tra Otto e Novecento. Quanti e quali confini?, in Piacenza, Trieste, Sarajevo, un viaggio della Memoria (a cura di Carla Antonini, 2018), Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo (Bollati Boringhieri, 2019) e Ma perché siamo ancora fascisti? Un conto rimasto aperto (Bollati Boringhieri, 2020).

 

Il libro

Titolo: Noi però gli abbiamo fatto le strade. Le colonie italiane tra bugie, razzismi e amnesie
Editore: Bollati Boringhieri
Pagg: 208
Prezzo: € 12,00
Voto/Valutazione: Necessario