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L'editoriale - A quando una Giornata internazionale contro la violenza sugli uomini?

25/11/2020 00:01

Admin

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L'editoriale - A quando una Giornata internazionale contro la violenza sugli uomini?

L'editoriale - A quando una Giornata internazionale contro la violenza sugli uomini? - di Letizia Cuzzola

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L'editoriale

 

 

A quando una Giornata internazionale contro la violenza sugli uomini?

 

 

di Letizia Cuzzola

Oggi ricorre la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne e, siccome a me piace andare controcorrente come i salmoni, questo editoriale sarà dedicato alla violenza sugli uomini.

 

Qualche anno fa l’Università di Siena si prese la briga di condurre un’indagine sul fenomeno e ne derivò che sono oltre 5 milioni gli uomini vittime di violenza femminile configurata in: minaccia di esercitare violenza (63,1%); graffi, morsi, capelli strappati (60,05%); lancio di oggetti (51,02%); percosse con calci e pugni (58,1%). Riporto fedelmente: «Nella voce “altre forme di violenza” dell’indagine (15,7%) compaiono tentativi di folgorazione con la corrente elettrica, investimenti con l’auto, mani schiacciate nelle porte, spinte dalle scale». Soffermandoci su violenza psicologica ed economica le donne si ‘vendicano’ con: «critiche a causa di un impiego poco remunerato (50.8%); denigrazioni a causa della vita modesta consentita alla partner (50,2%); paragoni irridenti con persone che hanno guadagni migliori (38,2%); rifiuto di partecipare economicamente alla gestione familiare (48,2%); critiche per difetti fisici (29,3%). (…) Insulti e umiliazione raggiungono una quota di intervistati del 75,4%; distruzione, danneggiamento di beni, minaccia (47,1%); minaccia di suicidio o di autolesionismo (32,4%), specialmente durante la cessazione della convivenza e in presenza di figli, spesso utilizzati in modo strumentale: minaccia di chiedere la separazione, togliere casa e risorse, ridurre in rovina (68,4%); minaccia di portare via i figli (58,2%); minaccia di ostacolare i contatti con i figli (59,4%); minaccia di impedire definitivamente ogni contatto con i figli (43,8%)». Insomma, noi femminucce non è che siamo tutte discendenti di Santa Maria Goretti. Però non se ne parla per un motivo banale, banalissimo: la vergogna. 

Immaginiamo un bell’uomo, alto, prestante, magari anche in carriera; secondo voi alzerà mai il telefono per chiedere aiuto e dire che la moglie, che magari come me è in formato pocket, lo minaccia col mattarello? No, non lo farà. Però il fenomeno esiste e nel resto d’Europa esistono anche fondi destinati alla ricerca e al supporto in materia. E qui mi risponderete: “Eh ma in Italia le donne sono discriminate sul lavoro, in politica e fanno tutto e bla bla bla”. Bla bla bla, sì, io vi rispondo bla bla bla e gnè gnè gnè. Il problema delle donne sono le donne e il problema degli uomini è che sono le nuove femmine. Mi spiego meglio:

 

1. Il problema delle donne sono le donne. Partiamo dal principio: bene, benissimo, benissimissimo fecero le nostre mamme a scendere in piazza negli anni Sessanta e Settanta e rivendicare pari diritti; bene, benissimo, benissimissimo che non esista più il delitto d’onore; che si possa divorziare e che si possa decidere se tenere o meno un figlio. Dio benedica le femministe per queste conquiste e le abbia pure in Gloria. Siamo nel 2020, sono passati cinquant’anni e di passi avanti ne abbiamo fatti ma siamo rimaste le peggiori nemiche di noi stesse. La più grande sconfitta oggi la vedo in tre semplici paroline: parità di genere. Parità di genere sottintende che a priori ci sia una differenza tra due generi che però deve essere annullata.

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Però se diciamo che uomini e donne sono uguali, dove sta la differenza da annullare? Mi direte nel trattamento e io vi do ragione, soprattutto dal punto di vista economico, però mi manda in bestia quando la parità di genere me la ritrovo in politica: perché devo per forza dare il voto a un uomo e una donna se a me va di votare due uomini? Le ovaie pesano più delle palle? Le quote rosa sono un’altra espressione che mi macina: anni di lotta negli asili che sia mai la maestra ci fa disegnare il maschietto azzurro e la femminuccia rosa Dio ce ne scansi e liberi, mamme scatenate ché così gli si insegna che esistono due generi. Verde, tutto verde a mammina, tu colora tutto di verde così siamo contenti tutti. Ora, benedetto il Cielo, che cambia se in un consesso ci sono 50 uomini e 2 donne o viceversa? Per me ce ne può essere anche nessuna se i 50 uomini meritavano quel posto. Perché io devo prendere il posto a un uomo che lo merita più di me? Perché ho le ovaie di cui sopra? Se vuole gliele regalo con una fornitura di assorbenti e analgesici. Smettiamola di dire che siamo al pari degli uomini quando poi ci poniamo noi in primis come soggetto debole, inferiore che deve imporre la sua presenza per legge.

2. Gli uomini sono le nuove femmine. E il problema è che questi nuovi esseri li abbiamo creati noi, compagne e mamme. Anni di lotte di cui al punto 1 e al momento di educare i figli diventiamo Belfagor, il fantasma dell’Opera: spuntiamo alle spalle del figlio maschio che accompagniamo e seguiamo in tutto e per tutto mentre con un occhio alla figlia femmina controlliamo se sta giocando con le bambole, se il Dolce Forno che le abbiamo comprato funziona e se il minirossetto e il minismalto sono di suo gradimento. Da donne agguerrite diventiamo femmine che più femmine non si può. Non mi dite di no. Da compagne vogliamo l’uomo presente, dolce e affabile ma se poco poco lo è iniziamo a lamentarci che è appiccicoso come una chewing gum e che ci stalkera, che non è forte, macho come vorremmo. E l’uomo, a questo punto, è diventato la nuova femmina. Come fa fa sbaglia. E si è chiuso. Li abbiamo terrorizzati questi uomini, li abbiamo resi il sesso debole, quello che per farsi ascoltare deve urlare; quello che ha vergogna dei propri sentimenti perché diventano indice di debolezza; che se si cura troppo sono io la prima a dire che con uno con le sopracciglia più sottili delle mie non ci esco. Non li abbiamo fatti più uscire da sotto le gonne di mamma che sono diventate un tendone da circo sotto cui restare ben protetti e al sicuro. Gli abbiamo tolto le poche certezze che avevano: vuoi un figlio? Non te la do. Lo voglio io? Me lo faccio in provetta. Li abbiamo disarmati. E da qui la frustrazione e la vergogna di ritrovarsi al nostro posto, violenze comprese.

 

Vi sento già mormorare e friggere. Mi risponderete con le tante storie di donne vittima di revenge porn e mi direte che il contrario non accade perché per un uomo sono motivo di orgoglio e vanto le proprie prodezze sessuali (non escludo che alla base della diffusione di questo tipo di materiale ci sia del puro narcisismo e che, essendo la massa grigia concentrata in un punto, questi non ci pensino neanche alle conseguenze. Non giustifico, attenzione, la denuncia è l’arma migliore sempre e comunque e senza eccezioni di caso). E vi dirò che non è così, che esiste un fenomeno definito sextortion e che in Italia è un reato in crescita esponenziale, le cui vittime sono generalmente persone di sesso maschile (poco meno del 92% nel 2017) di ogni età ed estrazione sociale. Se la diffusione di video è l’hobby preferito maschile, noi donne preferiamo il ricatto con allegati screenshot di sexting e foto private. Visto come l’abbiamo raggiunta la parità di genere?

 

Di ragioni per scatenarvi ne ho snocciolate abbastanza. Io non la voglio una Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Io voglio uomini e donne liberi di essere uomini e donne, senza dover far ricorso alla violenza per dimostrare chi ce l’ha più lungo. Ma nel dubbio memorizzate sui vostri smartphone il 1522 e chiedete aiuto. Uomini o donne che siate.