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Ragguagli di Parnaso nella Disobbedienza di Bartolomeo Smaldone

16/04/2021 01:01

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Ragguagli di Parnaso nella Disobbedienza di Bartolomeo Smaldone

Bartolomeo Smaldone - Disobbedienza - Algesti edizioni - L'angolo della poesia - A cura di Mario Marchisio

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A cura di Mario Marchisio

 

Versi armoniosi e al tempo stesso affilati come rasoi; e al loro interno, a formarne lo scheletro e i muscoli, un lessico nobile e raro, mai esorbitante, incastonato nel più efficace eloquio, nel ritmo necessario, nelle esatte cadenze. Questa non è la descrizione di un'ode pindarica, ma quanto ho potuto scoprire – nel deserto poetico odierno – fra le pagine di un poeta vero, al di là di qualunque pur lecito orientamento ideologico. Parlo di Bartolomeo Smaldone e del suo libro intitolato Disobbedienza (Alcesti Edizioni 2018).

 

   Nella nota posta in  calce alla raccolta, l'autore ci propone un'ottima chiave di lettura del suo lavoro, sottolineando il compito impellente che spetta all'arte poetica, alla «solennità della poesia, intesa come zona di contatto con il sublime cui l'uomo dovrebbe ritornare a tendere». Il paradigma mitologico, rappresentato nel libro dalla disobbedienza di Antigone all'ingiusta prevaricazione di Creonte, funge dunque da catalizzatore e da simbolo dinamico di ogni altro rifiuto – di cui troviamo i segni sparsi in questi versi – davanti alle vessazioni che da sempre l'umanità si infligge; non ultima quella attuale, grottescamente perfida e stolta, infatuata com'è della sciatteria e della banalità dominanti in ambito artistico.

 

   Non sto certo affermando che Bartolomeo Smaldone, assorto nei delitti tebani e il loro riverbero nella dialettica esistenziale delle nostre passioni, sia privo di una ben precisa visione del mondo; centrata, nella fattispecie, su un radicale immanentismo che esclude ogni realtà soprannaturale e da cui scaturiscono alcune aspre invettive verso le istituzioni religiose e i loro rappresentanti. Né voglio negare che i testi  impregnati da questa vis tragico-polemica appaiano nel complesso meno riusciti degli altri, che definirei tragico-lirici.

 

   Il punto della questione è tuttavia molto semplice: chi ha scritto liriche come quella che ora trascriverò (e in Disobbedienza sono tutt'altro che poche), ha pieno diritto di essere riconosciuto Poeta, senza se e senza ma: «Abbiamo trascorso un po' di tempo insieme / nel modo consueto degli umani. / Amandoti m'andavo a misurare / col moto universale dei pianeti / e a me ti rattenevo, / facendomi talvolta giunco, / talaltra fusto altero. / Adesso nei tuoi occhi imploro / il mondo intero, / la mutua somiglianza del perduto, / il travagliato spegnersi d'un cero». Et tout le reste est littérature, per dirla con Verlaine.


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