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Paolo Pera recensisce l'antologia di poeti arabi di Franco Celenza

28/05/2021 01:01

Admin

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Paolo Pera recensisce l'antologia di poeti arabi di Franco Celenza

Franco Celenza - Il fiore della poesia arabo-islamica - Puntoacapo editrice - L'angolo della poesia - A cura di Paolo Pera

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Franco Celenza

 

 

 

Il fiore della poesia arabo-islamica

Dalle origini preislamiche al Novecento

Con un'intervista di Laura De Luca

 

 

 

Puntoacapo

 

 

L'angolo della poesia


 

A cura di Paolo Pera

 

Con Il fiore della poesia arabo-islamica. Dalle origini preislamiche al Novecento (Puntoacapo Editrice, 2020) abbiamo finalmente a disposizione un’antologia che raccoglie almeno una poesia di ogni autore che dal mondo letterario arabo emerse dal suo nascimento a oggi. A consegnarci quest’opera è lo studioso Franco Celenzache – come afferma in un’intervista curata da Laura De Luca per Radio Vaticana, e nell’appendice del volume trascritta – teneva a dimostrare quanto questi poeti arabi siano invero talvolta assai vicini al sentire dell’uomo occidentale odierno: tra tutti i pessimisti quali Abu I-Alà Al-Maarri, o il “califfo libertino” Walìd Ibn Yazìd. Il volume ci dà fin dalle sue prime pagine uno specchietto di storia della civiltà araba: l’ascesa e il consolidamento dell’Islam, i califfati che si sono succeduti, l’invasione mongola e la conseguente decadenza culturale; tutto questo per poi ripiombare in un crescente fermento all’inizio del secolo XIX, dopo la battaglia napoleonica contro i mamelucchi (Battaglia delle piramidi, 21 luglio 1798), che ripristinò l’influenza dell’Occidente nel mondo islamico. Il libro si chiude poi con un florilegio di poeti contemporanei, tra tutti Adonis, tesi ormai a immortalare un Medioriente dilaniato da guerre intestineo da rigurgiti d’estremismo (che fondano sé stessi sulla mancanza di un organismo capace di dettare un’unica linea dottrinaria per tutto l’Islam). Celenza non si sottrae poi dal ricordare come i pirati saraceni – in specie dopo la battaglia di Lepanto – fossero usi a imprigionare i cristiani per renderli così schiavi nel Nord Africa; utile questo anche per coloro che solo all’«uomo bianco» imputano errori storici da espiare (possibilmente) col tramonto, trattamento questo non solo riservato ai cristiani poi…

 

Là dove i poeti preislamici – per lo più di estrazione beduina – esaltavano la bellezza delle donne, le guerre tra tribù, e la vita raminga (avendo già una propensione per la riflessione esistenziale e un timore per le creature del deserto: dagli animali agli esseri fantastici, si veda la ghul) con l’avvento della religione coranica i versi prendono un respiro spirituale se non addirittura ascetico; l’intransigenza poi di alcune sette “puritane” ostacolava l’amore per i piaceri di certi arabi non ancora convertiti, o che – già mussulmani – non potevano non concedersi certe delizie: «Lascia andare tutto questo e bevi il vino / vecchio, giallo, che separa lo spirito dal corpo».

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In questa marea di squisiti scriventi appaiono talvolta spiriti pervasi da un razionalismo pre-nichilistico quasi (e non per forza atei, ma certamente scettici al punto giusto), per esempio il sopraddetto Al-Maarri, che si permette di dubitare del Corano giacché tramandato oralmente per varie generazioni prima di essere trascritto: «Sono giunti fino a noi dei racconti che, se veri, / avrebbero qualche valore, ma i loro “isnàd” / (le catene dei trasmettitori) sono deboli. / Tu consigliati con la Ragione e lascia perdere / ogni altra cosa». Con accenni poi alla poesia andalusa – quella “cresciuta” nella penisola iberica (al-Andalus) – dai caratteri erotici e/o malinconici, e un capitolo dedicato ai mistici islamici (i sufi per esempio, e altri ritenuti inizialmente eretici e dunque perseguitati: si veda Al-Hallàg, che – quasi come un proto-Lutero – contestava la dipendenza dei mussulmani dalla Mecca, giacché Dio è onnipresente: «La gente compie il pellegrinaggio (alla Mecca). / Io invece mi reco in pellegrinaggio da Colui che / abita in me») abbiamo un ottimo libro per tentare d’apprezzare questa raffinata poesia e questa sublime civiltà.


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Note

1.  Drammaturgo e storico del teatro, ha pubblicato testi di saggistica, commedie rappresentate e sceneggiati radiofonici diffusi in rete nazionale. È direttore artistico del Premio Letterario Internazionale “Lago Gerundo” – Paullo (Milano).

2.  Si veda per esempio la poetessa Fadwa Tuqan, che canta una Palestina stuprata e occupata, la quale scrive in questi versi il suo desiderio: «Mi basta morire nella mia terra / ed essere in essa sepolta […] / Mi basta essere in grembo / della mia terra natale, / polvere, o erba, o fiore».

Il poeta

Franco Celenza ha pubblicatò un'infinità di opere per prestigiosi editori. Tra queste: "D’annunzio drammaturgo. Pagine scelte da tutto il teatro" (Ledizioni, Milano 2013), "La notte dell’Antigone. In memoria di Josif Stalin"   Femmine e Muse. e tante altre opere per prestigiosi editori