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L'editoriale - Gli affetti stabili

30/04/2020 01:01

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L'editoriale - Gli affetti stabili

L'editoriale - Gli affetti stabili - Letizia Cuzzola

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L'editoriale

 

 

Gli affetti stabili

 

 

di Letizia Cuzzola

«Esiste un affetto tagliato così fino, che diventa quasi amore», Isidoro Malvarosa, Contratti di affetto, Barometz, 2017.

 

Affetti stabili: fra le parole, espressioni apprese durante questa quarantena dovremo aggiungere anche queste. Il Garzanti definisce così la parola “affetto”: «1. Sentimento di vivo attaccamento a una persona […]; 2. L’oggetto di questo sentimento; 5. (lett) desiderio, aspirazione». Ma è stato l’accostamento con l’aggettivo “stabile” a farci rendere conto di quanto Bauman avesse ragione nel definire la nostra una società ‘liquida’, in cui di stabile c’è solo la precarietà, anche dei sentimenti, delle emozioni.

 

Qual è la discriminante per verificare un affetto? Il tempo? La durata? I tabulati telefonici? Proviamo a metter giù alcune riflessioni a margine.

 

Con quante persone condividiamo la nostra quotidianità senza varcare la soglia della confidenzialità? Eppure sono presenza costanti, ma non affetti. Ugualmente, ognuno di noi ha qualcuno che vede e sente poco ma di cui non potrebbe fare a meno.

 

L’affetto non si misura in anni, mesi, ore, minuti. Si misura in sorrisi, pensieri, piccoli atti che raccontano in silenzio una storia, per dirla con Pennac. Aggiungiamo qualche esempio:

 

è la panettiera che già dal tono cui dico ‘buon giorno’ intuisce che per me è una giornata no e mi accoglie con una ciambella con la Nutella;

è il ragazzo della frutteria che sa che a me le mele piacciono croccanti e se ne prendo per sbaglio una che non lo è la sostituisce appena volto lo sguardo;

è chi si prende cura di noi senza un vincolo di sangue o contrattuale e, mentre lo fa, pensa solo al sorriso che riuscirà a strapparci;

è il battito del cuore che si allinea in un abbraccio, pure se dato a distanza di anni o due volte in un giorno;

è la suoneria del cellulare in silenzioso perché “chi vuole richiama dopo”;

è una porta chiusa che sai che si aprirà anche in piena notte per non lasciarti fuori con le tue ombre;

è la verità che non abbiamo paura di dire, anche se può far male, perché chi amiamo ha diritto alla verità sempre;

è il caffè nella controra, mentre tutto riposa e riposiamo anche noi ma insieme e non ci chiediamo più quanto zucchero ci va perché già lo sappiamo;

è un’assenza che è presenza in un pensiero, in un perdòno, un odore, un profumo, un sapore;

è il ci conosciamo da tanto ma non ricordo come, dove e quando perché nella mia memoria ci sei e basta, hai solo trovato il tuo posto. E non importa se ci sei da un mese o un decennio.

 

Sono le settimane, i mesi, le giornate di silenzio che, al primo squillo, scompaiono e non sono mai esistite;

sono i “ti devo raccontare cos’è successo” anche se è il più banale degli eventi ma anche quello che non ti dico perché tanto lo sai già; 

sono quegli amori che non li chiami tali ma così è se vi pare, lontani dagli sguardi, magari non dichiarati, taciti, non nascosti ma protetti, di cui non ci sono parole ma umori che si scambiano, di cui non ci sono foto ma momenti a colori.

 

Ma, al netto delle sfumature e delle interpretazioni possibili, resta un Decreto dello Stato che mantiene la posizione Bianca del Mulino: esiste solo ciò che, in qualche modo, può essere categorizzato, contingentato nell’immaginario secolarizzato delle istituzioni, facendoci rimpiangere i pizzini su cui, bambini, bastava scrivere un chiaro: “Ti vuoi mettere con me? Sì/No”, e che in quel momento era l’autocertificazione insindacabile della felicità e della chiarezza, senza polvere sotto il tappeto.

 

Non si può fare i commercialisti con i sentimenti, non si può razionalizzare entrate e uscite: l’affetto stabile è quello in cui si resta accanto e ci si sostiene nel bene e nel male, anche lontani, anche in silenzio, è quell’azzeccato, azzeccatissimo e sacrosanto per il momento: Ti amo talmente tanto che ho deciso di starti lontana.

Allora, forse, sarebbe stato meglio e prudenziale chiedere di attendere ancòra, un piccolo sacrificio in più prima di allentare le maglie. Gli affetti stabili avrebbero capito.