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Nel regno del reale, l'Italico di Elsa Flacco - ConsigLIBRO del mese FEBBRAIO 2022

19/02/2022 14:01

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Nel regno del reale, l'Italico di Elsa Flacco - ConsigLIBRO del mese FEBBRAIO 2022

A cura di Salvatore Massimo Fazio

"ITALICO" è il secondo romanzo di Elsa Flacco, uscito per Chiaredizioni nell’agosto 2021. È ambientato nella Roma del I secolo a.C. e come protagonisti primiari ha  Gaio Asinio Pollione e Cecilia Metella Celere. Abbiamo incontrato l'autrice che ci ha concesso una chiarificatrice e per nulla banale intervista, che ha aperto nuovi confini d'interesse e d'interpretazione. "Italico è il consigLIBRO del mese FEBBRAIO 2021"


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A cura di Salvatore Massimo Fazio

 

Iniziamo dal titolo: perché Italico?

La scelta del titolo è per me sempre una questione delicata, sia perché ritengo il titolo un elemento fondamentale per il successo, l’attrattiva e anche per l’interpretazione del testo, sia perché mi resta difficile trovare quello giusto, non sono mai soddisfatta. ITALICO allude all’origine del protagonista, perfettamente inserito nella vita culturale e politica di Roma ma memore della sua discendenza dal generale marrucino Asinio Herio. Potrebbe sembrare un titolo che sminuisce il ruolo della coprotagonista Cecilia Metella, romana doc, ma in realtà definire Asinio Pollione “Italico” presuppone un punto di vista romano, che ho immaginato essere quello di Cecilia: è ai suoi occhi che Pollione appare, fin dal primo incontro, il “Marrucino”, cioè appunto l’Italico. Senza contare che l’italicità del protagonista, pur non avendo un concreto rilievo nella vicenda, costituisce un’identità sottesa e sempre pronta a riemergere nei momenti cruciali.

 

Una curiosità: ma Orazio Flacco è parente?

Parente mio, intendi? Purtroppo non credo proprio, ma mi piacerebbe fare una ricerca sulla diffusione storica e territoriale di questo cognome. Non nascondo che l’omonimia mi lusinga e mi riempie di ingiustificato e comico orgoglio. Tra l’altro sono una Flacco al 10%, visto che entrambi i miei genitori inalberano lo stesso cognome senza alcuna parentela. È tipico della loro zona d’origine, Giuliano Teatino, in provincia di Chieti, appunto l’antica Teate Marrucinorum degli Asinii. Con due “i”, mi raccomando.

 

Cecilia Metella conosce Asinio in casa sua e perché quest'ultimo frequentava la casa natia di Cecilia?
Questa non è un’invenzione ma un dato storico: Gaio Asinio Pollione era il fratello minore di Gneo Asinio, l’”Asinio Marrucino” citato da Catullo nel carme 12, dove nomina Pollione, allora sedicenne, per elogiarne la finezza contrapposta alla rozzezza del fratello, che si compiace di scherzi abbastanza imbecilli. Catullo era in quegli anni l’amante di Lesbia, generalmente identificata con Clodia, madre di Cecilia. Niente di più plausibile che si siano incontrati, adolescenti, nella sua casa, che possiamo immaginare come una sorta di salotto letterario ante litteram, sede di incontri tra i poetae novi.

 

Nel descrivere Clodia e susseguentemente Cecilia come donne che amano e non disdegnano le attenzioni di diversi uomini, che messaggio storico hai voluto mandare?

Distinguiamo due piani: quello storico delle fonti documentarie, che ci tramandano notizie biografiche su queste due figure, e quello dell’interpretazione che do io come autrice. Le fonti ci raccontano di Clodia e Cecilia come di donne emancipate, che intrattengono più relazioni extraconiugali con uomini di alcuni dei quali conosciamo l’identità. Il giudizio storico su di loro, espresso da esponenti di una cultura patriarcale che ha condizionato l’intero corso della civiltà non solo occidentale, è estremamente severo: considerate donne volubili, infedeli, quasi alla stregua di prostitute, come Cicerone definiva Clodia. Oggi, considerando il difficile percorso di autoaffermazione femminile nei secoli, le vediamo piuttosto come donne che hanno cercato di occupare un proprio spazio e di realizzarsi nella sfera privata e in parte in quella pubblica (pensiamo a Fulvia) all’interno di un sistema controllato e dominato dall’uomo, che ha reagito condannando recisamente le intrusioni femminili nel proprio “territorio”. Di qui la vulgata che ancora oggi condiziona la nostra visione di queste donne, cui bisogna invece riconoscere energia, coraggio e intraprendenza nel rivendicare e nel portare avanti le proprie scelte di vita, ribellandosi a matrimoni di convenienza e all’ideale romano della matrona perfetta, dedita esclusivamente alla casa, al marito e ai figli.

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Il potere un tempo come ad oggi sembra non modificarsi nel dna dell'essere umano: il marito di Clodia e della figlia Cecilia, sembrano accettare i tradimenti delle due donne: lo fanno perché ottengono potere?

Anche qui è meglio distinguere, perché si tratta di situazioni molto diverse anche per come le ho affrontate nel romanzo. Per entrambi abbiamo scarse notizie sui loro rapporti con le rispettive mogli: Quinto Metello Celere muore già nel 59, quando probabilmente la relazione tra Clodia e Catullo è iniziata da poco, e vista la sua morte improvvisa appena concluso il consolato c’è chi ha ipotizzato che sia stato avvelenato dalla moglie, una pura congettura senza fondamento; per questo non sappiamo nemmeno se fosse al corrente della relazione di sua moglie con il poeta Catullo. Al contrario, le fonti ci dicono che Lentulo, il marito di Cecilia Metella l’ha ripudiata (o ha chiesto il divorzio, che era più o meno la stessa cosa), dopo che la relazione di lei con Publio Cornelio Dolabella era diventata di pubblico dominio, anche se prima di lui aveva avuto come amante almeno il poeta Ticida. Visto che la relazione con il cesariano Dolabella era stata favorita dai parenti pompeiani per pararsi dalle vendette eventuali di Cesare, è probabile che la reazione del marito sia stata tardiva, dettata solo dalla volontà di salvare le apparenze. Detto ciò, sottolineo, se ce ne fosse bisogno, che Italico è un romanzo, seppure storico, per cui la ricostruzione delle dinamiche tra i personaggi, le reciproche relazioni, i moventi delle azioni, è puramente narrativa, anche se ho cercato di attenermi ai criteri della plausibilità e della verosimiglianza.

C'è uno spunto sociologico in questa narrazione?

Sicuramente. Sociologico, culturale e politico. Per non dilungarmi, mi limito a dare degli accenni, starà poi al lettore, se ne ha voglia, rintracciare questi fili tematici che attraversano la narrazione: il ruolo e la posizione della donna nella società, tra spinte all’emancipazione e volontà di controllo e di repressione da parte dei sostenitori del mos maiorum, in attesa che Augusto intervenga energicamente per restaurarlo; la lotta tra optimates e populares, con le tensioni tra Senato e plebe, ma anche tra tradizionalisti e innovatori, e la lotta degli Italici e poi dei Galli per la cittadinanza.

 

Perché lo hai scritto e se vi è un 'movente': per chi lo hai scritto?

Come per il primo romanzo, Per Francesco, che illumina la notte, anche in questo caso sono partita dalla suggestione di un personaggio: Tommaso da Celano per quello, Asinio Pollione per questo. Personaggi originari della mia terra, l’Abruzzo, il cui rilievo storico assoluto mi sembrava poco riconosciuto dai non addetti ai lavori. Ho pensato di restituire loro parole, emozioni, sentimenti, di farli rivivere come personaggi romanzeschi per rivalutarne la portata storica. Cecilia Metella l’ho scoperta strada facendo, e mi ha talmente affascinato che alla fine è cresciuta al punto da ritagliarsi uno spazio equivalente a quello del protagonista originario.

Per chi l’ho scritto? In realtà l’ho scritto per tutti. Per tutti quelli che amano immergersi in una storia che affonda le radici in un tempo lontano ma che è stato. Non amo le ambientazioni fantastiche, il fantasy, la fantascienza, mi piacciono i personaggi e le storie che hanno conosciuto un’esistenza reale, seppure trascorsa e scomparsa: trovo più interessanti e intriganti le storie vere o almeno collocate in un contesto plausibile. Con Italico ho cercato di raccontare una storia avvincente, ricca di passioni, eventi, intrighi, fedele alla storia ma che riempisse con l’immaginazione i vuoti della documentazione. E all’interno di questo pubblico vasto a cui mi rivolgo, di lettori affascinati dalla storia, un posto privilegiato ce l’hanno i giovani, che oggi è sempre più difficile appassionare alla storia e alla lettura. Ma, per deformazione professionale, ci provo.

 

Che feedback ti aspetti da questo romanzo storico?

Il sogno di chi scrive è di essere letto il più possibile, di arrivare lontano e di far conoscere il proprio lavoro a una platea vasta di pubblico. Insieme con Chiaredizioni e Arturo Bernava, che ha creduto in questo romanzo, stiamo cercando di presentare Italico anche all’interno di eventi e manifestazioni letterarie, comprese le più prestigiose. Detto ciò, fatto salvo l’impegno anche fisico di portare in giro il libro, le soddisfazioni maggiori sono quelle che arrivano dal singolo lettore o lettrice che ti scrive per raccontarti le sue impressioni e osservazioni, e magari ringraziarti per avergli offerto una lettura appassionante.

 

In politica, quanta mediocrità vi era un tempo al cospetto di oggi?

Mentre mi preparavo per affrontare la scrittura di Italico, e poi mentre scrivevo, ho riflettuto sulle analogie che si riscontrano tra l’uso del potere nella Roma tardorepubblicana e quello odierno, soprattutto nel campo della corruzione politica e del trasformismo, due piaghe che abbiamo ereditato da quell’epoca lontana eppure in parte presente. In quel periodo particolare, tuttavia, di trapasso da un ordine ormai al tramonto e uno che si affermava di prepotenza, c’era anche nelle figure più opache o discutibili un non so che di grandioso, perfino nella caduta: penso a Cicerone, con la sua morte tragica e crudele, o allo stesso Pompeo, a Catone o al traditore Labieno. Anche i peggiori, da Celio Rufo a Milone, fino a Dolabella, opportunisti assetati di potere, seguivano il proprio destino fino alle estreme conseguenze. La mediocrità esisteva allora come oggi, ma le figure di spicco di quel tempo non trovano equivalenti in questi nostri anni. La politica odierna offre un quadro abbastanza desolante, non solo in Italia.