
Le recensioni in LIBRIrtà
#ConsigLibro Primavera 2025
A cura di Giovanni Coppola
"Uccidere un fascista”, l'ultima fatica di Giuseppe Culicchia, (Mondadori, 233 pagine, € 19,00) che racconta l'omicidio del militante di destra Sergio Ramelli, è un libro sorprendente, per il coraggio e per l'onestà. Rompe uno schema, quello dell'ipocrisia storica, quello dell'arroganza ideologica di coloro che si credevano assolti per merito, il merito dell'antifascismo militante, coloro che per tanti anni hanno cercato di convincerci che i morti non sono tutti uguali. L'antifascismo militante, oltre ad essere un brand, è un codice, un modus pensandi e un modus operandi; esclude la pietà, il “ parce sepulto”, e impone la disumanizzazione del nemico, o meglio del fascista, che viene degradato a “non persona” a non avente nessun diritto, scorie della “parte sbagliata”.

Nessuna concessione alla misericordia, quindi, al cordoglio, all'umana compassione; nessuna religiosità ma accanimento persino sul cadavere e sul ricordo che discende dal dolore, come quello della madre di Sergio Ramelli, Anita, immagine fedele di quella pietà che Michelangelo ha immortalato nel dolore di Maria mentre sorregge il corpo di suo figlio ucciso dall'odio disumanizzante.
Un libro coraggioso, perchè entra dentro lo spazio di colpevolezza collettiva e di ipocrisia ideologica, portando in superficie responsabilità dirette, quelle afferenti alle hazet 36 dei suoi assassini, ed indirette, quelle maturate dentro lo spazio opaco delle istituzioni e dell'intellighenzia sinistra. Culicchia non vuole schierarsi, non ne ha bisogno, ciò che prova è il desiderio di verità, una ricerca del Graal che lo porta dritto nel cuore dell'odio ideologico, espresso attraverso la “ rappresaglia preventiva”, di cui Ramelli ne è stata sincera vittima.
Un delitto inutile quello di Ramelli, accusato di “ reato di opinione”, un delitto che è la sintesi perfetta di quegli anni contrassegnati dall'odio disumanizzante che animava una verbosità violenta, a cui era connessa quella violenza fisica che mirava a cancellare quegli incidenti di pensiero che erano le “non persone” come Ramelli.
“Uccidere un fascista” è una concessione alla verità dei fatti, è rispetto dell'accaduto, senza scivolamenti ideologici, di parte; è desiderio di pietà e di religiosità, di riportare sullo stesso piano le vittime di una follia che si è giocata a colpi di P38 e di Hazet 36, una follia che hanno battezzato “ anni di piombo”, che ha avuto come parentesi di apertura la morte dell'agente di polizia Annarumma e come parentesi di chiusura l'omicidio del militante di destra Paolo Di Nella. All'inerno di queste parentesi sono state scritte indicibili bugie e sono state commessi indescrivibili ingiustizie. Sono tanti i nomi di militanti come Ramelli che sono morti perché colpevoli delle loro idee, sono molti i cadaveri che non hanno conosciuto i nomi dei loro carnefici, sono molti quelli che sono morti per quel mantra maledetto, “ Uccidere un fascista non è reato”, recitato nelle scuole, nelle piazze, nelle università e persino dentro le aule delle istituzioni( il consiglio comunale di Milano applaudì alla morte di Sergio Ramelli, ennesimo atto di odio disumanizzante).
L'antifascismo militante fu una vera caccia alle streghe, il desiderio del rogo, punizione che precede l'espiazione, una sorta di immunità per chi uccideva rispettando quel mantra che condannava gli accusati di reato di opinione. E concludo, a proposito di caccia alle streghe, con uno scritto corsaro di Pasolini, datato 1 marzo 1975, dodici giorni prima dell'agguato teso a Sergio Ramelli: “ In un contesto repressivo l'oggetto della caccia alle streghe( il “ diverso”)viene prima di tutto destituito di umanità,cosa che rende lecita poi la sua effettiva esclusione da ogni possibile fraternità o pietà: e, generalmente, in pratica anticipa la sua soppressione fisica”. In queste cinque righe c'è tutta la vicenda di Sergio Ramelli, l'accusa, la sanzione. E se Pasolini aveva il dono di preconizzare, Culicchia ha il merito della verità, il coraggio di raccontarla, l'onestà di rispettarla.

L'autore
Giuseppe Culicchia (Torino 1965), ex libraio, di sangue siculo-piemontese. Ha pubblicato pià di 25 libri con i maggiori editori italiani ed è tradotto in dieci lingue. Dal suo long seller Tutti giú per terra è stato tratto l'omonimo film con Valerio Mastandrea e il meraviglioso apparire in veste di commissione accademica dei C.S.I, che hanno curato anche la colonna sonora del film. Uccidere un fascista è la chiusura della trilogia sugli anni di piombo, rivisitata in chiave umanitaria.
Il libro
Titolo: Uccidere un fascista
Edizioni: Mondadori
Pagg.: 233
Prezzo: € 19,00
Voto/valutazione: Supremo!