
Micaela Palmieri
Next Stop Rogoredo.
Storia di chi è uscito dal bosco della droga
Baldini+Castoldi
Anteprima
Le recensioni in LIBRIrtà

A cura di Letizia Cuzzola
Rogoredo fino a qualche tempo fa era noto per far parte di quella periferia milanese che aveva saputo mantenere la sua identità di avanguardia industriale. Un tempo. Oggi, Rogoredo, è la piazza di spaccio a cielo aperto più grande d’Italia; per capirci: «Sessantacinque ettari di infinito, più di sessanta campi da calcio di superficie, infestati dallo spaccio e da una Babele di persone in arrivo da tutta Italia per trovare roba buona, di qualsiasi tipo e a poco prezzo».
Un girone dantesco, la Selva oscura in Terra che la giornalista del TG1, Micaela Palmieri, ha avuto il coraggio di raccontare in “Next Stop Rogoredo. Storia di chi è uscito dal bosco della droga” (Baldini & Castoldi, 2020). Dante l’ho avuto fisso negli occhi dalle prime pagine: il bosco di Rogoredo appare subito come un mondo dentro al mondo e anche la Palmieri ha il suo Virgilio: Carlo, l’arbusto in mezzo alle storie che infittiscono quel bosco di lerciume e occhi chiusi sull’evidenza, mentre il traffico, la vita della signora Milano scorrono serene.
«La disperazione ti si imprime dentro, da bambino, e ti può salvare se ti fa capire cosa non vuoi essere, ma ti può anche distruggere e poi darti una giustificazione per essere diventato un mostro». La disperazione si intreccia alle parole, alle vite che diventano lumicini sempre più fiochi. Ognuno con i suoi sogni, i suoi amori e i suoi presunti errori. Li pensi Golia e ti inginocchi per guardare negli occhi Sisifo.
Sono vite come vuoti a perdere la maggior parte di quelle che si incrociano. Vuoti a perdere che ritrovano dignità fra le righe tracciate dalla Palmieri con un tratto leggero, rispettoso di quei confini labili fra il diritto di cronaca e un’entrata a gamba tesa in esistenze sospese. Rogoredo non è il mondo, è la sua realtà di scarto: ogni città, per ritenersi pulita, necessita di una discarica, che sia di rifiuti o che sia di umanità fuori dai binari del moralmente corretto. Solo che quel moralmente corretto, spesso, si trasforma nella porta dell’Inferno. Ho pensato a quelle foto di famiglia che si mettono in bella vista a ché gli ospiti vedano attimi di felicità e armonia e che, sovente, più gioia mostrano, più tristezza dietro la porta nascondono.
«In ’sto mondo parallelo fa tutto schifo, giornalista. Viaggia vicino a quello normale, al vostro, al tuo, ma questo è avvelenato. Qui non c’è la notte, non esiste il giorno. È tutto confuso. Non ci sono le ore che passano, non esiste la pioggia né il sole. C’è solo la sostanza, l’eroina, la cosa più importante della nostra vita. Nostra madre, nostro padre, la nostra amante».
Sono pagine che bruciano, scottano al tatto. Ho terminato la lettura con le mani fredde e le lacrime calde. “Next Stop Rogoredo” scava dentro: sono unghiate feroci di rabbia, impotenza ma anche di speranza. Sogni malconci e sensi di colpa. Quanti boschi stregati evitiamo lungo il nostro cammino non pensando a quanti vorrebbero essere risvegliati dal maleficio? Senza pensare che: «(…) con l’impegno di tutti, quei sogni possano riaccendersi e diventare realtà» (dalla prefazione di Alessandro Rodino Dal Pozzo, Presidente San Patrignano)?
Titolo: Next Stop Rogoredo. Storia di chi è uscito dal bosco della droga
Autore: Micaela Palmieri
Editore: Baldini & Castoldi
Pagg: 148
Prezzo: 15
Valutazione: Necessario