Loris Maria Marchetti
Tappeto Mobile
Puntoacapo
L'angolo della poesia
A cura di Paolo Pera
L’ultimo volume di racconti di Loris Maria Marchetti, Tappeto mobile (puntoacapo Editrice, 2018), stupisce non poco per quello che alcuni ebbero a chiamare “feticismo del quotidiano”1, qui – invero – in veste di rimembranza sublimata e felicemente romanzata mediante una retorica elegantemente colloquiale (sabauda, direbbero alcuni). L’io insomma si reincarna nel sé del proprio ricordo, ripercorrendo così gesta per lo più antieroiche (e che altro ci si può aspettare da un montaliano convinto come il Nostro?); quanto nel lettore sorge è talvolta un cosiddetto “insegnamento di vita”, altre volte il tutto pare quasi ornamentale al pari di una mera composizione da camera (si ricordi infatti il duraturo interesse dell’autore torinese per la musica e la storia di questa); ma un racconto ai nostri occhi riesce a cogliere antichissimi problemi del maschile col femminile, benché riscontrati da uomini dalla spiccata sensibilità. Si tratta di Colonna sonora, nel quale un “io confessante” rivela un suo ventennale innamoramento a quella che fino ad allora nient’altro fu che un’amica, ben conscio poi della “goffaggine” di questo gesto, goffaggine che l’amicizia stessa potrebbe ledere: «Mi rendo perfettamente conto di comportarmi come l’elefante nel negozio di cristallerie, non riuscendo a frenare questo tardo e pericoloso démone inquisitorio circa i veri sentimenti che poterono fiorire tra noi. Con questa lettera metto a repentaglio il delicato e ammirevole equilibrio su cui per quasi vent’anni si è svolto il nostro rapporto, e nel contempo ti prego di ricorrere a qualsiasi misura pur di salvare questa amicizia…». Oh, quante volte un uomo dall’anima ampia ha vissuto qualcosa di simile? Non basterebbero, io credo, tutte le dita delle mani e dei piedi di ogni esistito ed esistente per enumerarle!
Note
1 Un poeta e critico napoletano ha definito Marchetti “feticista del quotidiano”: un quotidiano da elevare comunque a “exemplum”, non etico o conoscitivo, ma figlio o frutto del Caso o del Fato. Non si tratta dunque di un “quotidiano iperrealista” o inscritto in una qualsivoglia forma di “pop art”, bensì di un mondo di “cose” che si aggiungono, come altrettanti “aggettivi”, ai veri “oggetti” di una narrazione che, spoglia di inutili orpelli, trae forza dalla sua stessa, accuratissima misura: una vera e propria “metrica del racconto” che sostituisce, supera e fa dimenticare il vieto e inflazionato “suspense” di tante non più sopportabili “fiction” all’americana (Giovanni Merloni, La “poesia della prosa” di Loris Maria Marchetti:https://www.almanaccopunto.com/single-post/giovanni-merloni-la-poesia-della-prosa-di-loris-maria-marchetti).