Rossana Cavaliere
Leonardo Sciascia negli occhi delle donne
Tessere di un mosaico al femminile
Le recensioni in LIBRIrtà
A cura di Giovanni Coppola
Ce ne ricorderemo di questo pianeta, l'epitaffio inciso sulla tomba di Leonardo Sciascia, fu scelto dallo scrittore racalmutese al più congeniale “Contraddisse, si contraddisse”, che in un primo momento Sciascia aveva pensato come adeguata epigrafe. In realtà, è di Sciascia che proviamo il forte desiderio di ricordare, desiderio che non di rado si trasforma in bisogno come testimonia la notevole produzione di libri che raccontano l'universo e il respiro sciasciano. Come, giust'appunto, questo godibilissimo libro di Rossana Cavaliere, “Leonardo Sciascia negli occhi delle donne”, 248 pagine per le edizioni Vallecchi 18 euro, che ha il merito di raccontare non solo lo scrittore e l'intellettuale “polemista”, ma l'uomo Sciascia, nella sua ostinata semplicità, nel suo realismo e nel suo indomito desiderio della verità. È ben strutturato il libro, ha un ordine che agevola il lettore e uno stile che seppur semplice non scade mai nell'inconsistenza. Lo raccontano dodici donne Sciascia, donne che lo hanno conosciuto per motivi professionali e culturali e che sono rimasti affezionati all'uomo ,oltre che allo scrittore, per la sua sensibilità, la sua generosità e la sua riservatezza. “I suoi silenzi parlano”, afferma Elisabetta Nonino, una delle dodici, silenzi che affascinavano per il loro carico di riflessione. Quella sua riservatezza diffidente, quel modo tutto suo di centellinare le parole (d'altronde sosteneva che la lingua italiana fosse riflessione), la densità del suo linguaggio e quell'attenzione che riservava a non sprecare le parole, affascinavano oltremodo le sue interlocutrici: “provocava scandali e aveva la solitudine tipica del profeta”, sostiene Marcelle Padovani, un'altra donna intervistata, autrice del libro intervista “La Sicilia come Metafora”. E forse non è vero che l'articolo sui professionisti dell'antimafia fu una profezia? Quella che lui definì con semplicità sciasciana “antimafia di vetrina”.
E quanta solitudine gliene derivò? Sosteneva che “ Il diritto dell'intellettuale fosse opporsi al potere”, ad ogni forma di potere, per l'amore della verità, soprattutto. Intelligenza, conoscenza, amore per la verità, su questo piano assiale c'è tutto Leonardo Sciascia. Il libro della Cavaliere ci conduce passo dopo passo, o sarebbe meglio dire intervista dopo intervista a scoprire tutto questo, ci introduce e ci guida dentro l'universo sciasciano, attraverso l'amore per la ragione, nelle pieghe del suo laicismo religioso, nel suo realismo duro e crudo, fino a giungere al suo personalissimo pessimismo e a quello scetticismo che definiva “ il miglior antidoto per il fanatismo”.
“Sapeva ascoltare”, dice Barbara Alberti, virtù che oggi pare scomparsa definitivamente in un mondo dove si urla e si impongono pensieri e parole. Sciascia attraverso la sua scrittura lenta e semplice non ci ha raccontato la Sicilia, ma ce l'ha spiegata. Affermò che si poteva essere siciliano solo con “ difficoltà”; definì la sicilianità un mito vuoto che si rivelava come una delle tante forme di mafia; scrisse che la Sicilia, oltre che eterno laboratorio, oltre che il luogo dove la ragione veniva sconfitta, fosse un matriarcato produttore di tanti mali che affliggevano l'isola; sostenne che la donna siciliana valutasse un uomo sulla base della sua capacità di guadagnare, e fossero, peraltro, capaci di spingerlo verso i compromessi e le più infime bassezze, perché anteponevano a tutto l'interesse particolare, la viltà e la prudenza.
“Le donne del mezzogiorno sono capaci delle peggiori nefandezze...Queste donne sono un elemento di violenza, di disonestà e di abuso di potere”. A sostegno di questa sua affermazione raccontava come le sue amate zie, pur rispettando il loro padre, lo considerassero uno stupido per via della sua onestà e della sua incorruttibilità. Considerazioni che introducevano al concetto di famiglia siciliana come prima radice della mafia, per via della sua ostinata funzione di “ proteggere, di privilegiare i suoi membri rispetto ai doveri che la società e lo stato impongono a tutti”. Fu in una intervista pubblicata sull'Espresso il 27 gennaio del 1974 con il titolo “ Le zie di Sicilia” a firma di Franca Leosini( “ Sciascia attribuiva alla donna siciliana la responsabilità della mentalità mafiosa” sostiene la Leosini nella sua intervista alla Cavaliere), che Sciascia parlò del matriarcato e dei suoi mali, intervista che scatenò violente polemiche e feroci accuse, come quelle avanzate da Dacia Maraini che lo accusò di “scivolare nei luoghi comuni per mancanza di approfondimento e per insolita approssimazione”. Il godibilissimo libro della Cavalieri è il tentativo, peraltro riuscito, di scagionare Sciascia dall'accusa di misoginia e sessismo, di affrancarlo dal peso delle polemiche che scaturirono dalle definizioni che Sciascia diede della donna siciliana e del matriarcato in Sicilia.
Dodici donne che ci offrono uno Sciascia tutt'altro che misogino, piuttosto ci svelano un intellettuale attento alle istanze delle donne, che in quegli anni venivano sostenute da un femminismo militante ed identitario, uno scrittore che anche se si considerò un “uomo paterno” anziché “materno”, non perdeva occasione per ricordare che lui fosse cresciuto in una ambiente femminile, tre zie ed una madre, e che anche dopo sposato la situazione non fosse per niente cambiata: una moglie e due figlie.
Tutte donne , tranne lui.