Salvatore Arena
40 cunti di Palermo
Bonfirraro editore
Le recensioni in LIBRIrtà
A cura di Anna Cavestri
Di questa magica città non finisco, io che pensavo di conoscere, mai di conoscere. Questi 40 racconti, hanno più di un pregio, scritti prima in forma poetica in dialetto palermitano, poi tradotti e per ogni composizione c’è poi una spiegazione del luogo o di quello di cui parla, correlato di fotografia inerente in bianco e nero. Ogni riferimento è ovviamente a Palermo, la Palermo coi suoi quartieri, coi suoi monumenti (La Palermo da vedere) e la Palermo di alcuni suoi cittadini che hanno dato a vario titolo lustro alla città e, perché fa parte del patrimonio, anche alla sua cucina. (La Palermo da sentire e quella da gustare).
La scelta del dialetto, perché il dialetto siciliano già nel 1186, compariva come forma d’arte,in una delle porte del Duomo di Monreale. Lo stesso Dante ebbe a dire " il volgare siciliano si acquistò fama prima e innanzi agli altri..........che tutto ciò che si è prodotto di poetico prima di noi fu detto siciliano..."( De vulgari eloquentia) Nella Scuola Siciliana ci furono i primi "pionieri" della produzione letteraria poetica. Palermo divenne , anche, la culla della poesia siciliana.
Dal 2010 L’ Unesco riconosce il Siciliano come lingua madre, non un dialetto ma una lingua, fusione di dialetti delle tante popolazioni che in Sicilia , hanno lasciato traccia. Questo libro si presta bene ad essere una guida turistica ben fatta della città. Solo per ricordare qualcosa da vedere, la famosa Piazza di la vergogna, Fontana Pretoria della metà del 1500, chiamata della vergogna perché le statue sono tutte nude e non solo per questo.
C’è L’isola delle femmine, sulla quale le leggende narrano che che 13 donne turche abbandonate su una barca senza nocchiero, dopo tempeste e marosi approdarono in un isolotto vicino alla conca del Gallo, da lì non vollero più andarsene, si stabilirono sulla terra ferma e la chiamarono CAPACI ("CCa-Paci" cioè qui la pace) il paese prese questo nome e l’isolotto Isola delle femmine. Di Capaci si parlerà e sarà ricordata poi per un fatto di atrocità e non di pace , purtroppo. Attraverso quello che si vede ancora e quello che c’è stato, nei racconti viene fuori la millenaria storia palermitana, angoli particolari, mercati dei quali sembra di sentire i profumi, di alcuni monumenti, di sculture, quello che per esempio io non conoscevo, vicino al tempietto della musica, chiamato "I senza tetto" in cui sono scolpiti da Civiletti (1859/1948) due bambini che morirono di stenti e freddo perché senza tetto. Non possono mancare "cunti " della Santuzza " patrona della città, della Matrice ( il Duomo), racconti che segnano un itinerario ricco e particolareggiato.
C’è una sola poesia non scritta dall’ autore ma da Giuliana Arena, A Rita, dedicata a Rita Atria La ribelle siciliana, perché ha avuto il coraggio di denunciare la mafia, diventa testimone di giustizia. Vive da clandestina, suo unico conforto il giudice Borsellino. La " picciridda " così lui la chiamava, una settimana dopo la strage di via D’Amelio, oggi via di " pellegrinaggio " all’albero della legalità, si uccide lanciandosi dal settimo piano di un palazzo. C’è anche questa Palermo, che ricorda tristemente anche U Generali e a crocerossina, in via Isidoro Carini qualcuno scrisse " Qui è morta la speranza dei siciliani onesti " Era il 4 settembre 1982 lì erano stati uccisi il Generale Della Chiesa, la moglie Setti Carraro e l’agente Russo. E parlando di personaggi che hanno dato lustro per altre gesta c’è Totò U Parchitanu, Schillaci tra i migliori fondisti del mondo, che ha corso fino alla fine arrivando ultimo ,perché durante la gara dei mondiali del 1991 a Torino, ha confessato dopo , ha avuto una crisi epilettica. E l’oscar del 1990 come miglior film straniero,per il film Nuovo cinema Paradiso a Tornatore che è di Bagheria? E tanti altri, tra cui un commovente ricordo di Giuni Russo, "il gabbiano "definita così per l’estensione di voce raggiunta nel brano scritto da Battito "Un estate al mare ". Una vita piena di successo ma breve quella di Giuni. E mentre si legge dell’uno o dell’altro si cammina e l’autore ci fa guardare intorno e tutto quello che ci fa vedere ha la sua documentazione. E sempre girando per la città si può incontrare il venditore di u pani ca meusa ( panino con la milza), e ci dice anche dove andare ad assaggiarlo in modi diversi. La cucina come la stessa città ha derivazioni diverse a seconda del popolo che l’ha abitata e nel tempo ha mantenuto la tradizione, il panino con la milza ha origine nel medioevo.Gli aragonesi ne hanno fatto " rivisitazioni " Mare e terra e i loro frutti sono la ricchezza della cucina, che è stata tramandata e ancora oggi conservata.
Ora per finire e chiarire una volta per tutte L’ARANCINA è fimmina a Palermo, la regina siciliana della cucina. È una palla tonda e ripena. E anche L’ arancina si può mangiare tranquillamente in strada tra palazzi, monumenti , bel vedere e sentire. Penso davvero che la prossima volta che andrò a Palermo porterò con me questo libro e lo consiglio a chi non è mai stato a Palermo e anche a tutti quelli che ci sono stati o ci vivono. È un piacere leggere questo libro è un piacere leggere il dialetto, non c’è il rischio di non capire perché c’è la traduzione e spiegazione in italiano . È un libro ricco, di cui io ho fatto solo qualche accenno, c’è la storia nota e quella sconosciuta. L’autore sa trasmettere tutto l’amore che ha per la sua città e per la conoscenza minuziosa di questa.
Titolo: 40 cunti di Palermo
Autore: Salvatore Arena
Editore: Bonfirraro
Pagg.: 224
Prezzo: € 15,90
Voto: 10