Ettore Zanca
Santa Muerte
Ianieri Edizioni
Le recensioni in LIBRIrtà
«Ognuno di noi ha un alieno nero e incazzato (…) Una parte oscura e maledetta che forse è meglio non far venire mai alla luce. Perché luce e buio hanno viscosità e fluidità diverse». Sottolineo la parola ‘viscosità’ più volte con colori diversi e sono ancora a pagina 12 del nuovo libro di Ettore Zanca, “Santa Muerte” (Ianieri Edizioni, 2019). Mi colpisce subito lo stile asciutto che riflette i modi di Leonida, meglio noto come Santa Muerte, come la Madonna messicana cui si affidano narcos e criminali, come quella morte che Leonida porta addosso, o in tasca visto che, per professione, è un killer.
Tutti noi immaginiamo un killer spietato come un uomo tutto d’un pezzo, algido, senza passioni ma Leonida non è così. È piuttosto un concentrato di emozioni che sono state riposte in uno spazio quasi inaccessibile del suo porsi agli altri, un po’ come quando si riempie una valigia e poi ci si siede sopra per chiuderla. La zip si riesce a tirare alla fine ma sappiamo perfettamente cosa ci sta dentro e che all’apertura potrebbe esplodere. Leonida non esplode, ha chiari i rischi e il rapporto costi/benefici: «Cerchi di essere te stesso nelle crepe che questo mondo ti offre» - «Ho cercato sempre di non diventare il mio mestiere».
Per grandi linee e giusto per orientarci perché altrimenti non è più una recensione ma un riportare la sinossi: una multinazionale commissiona a Leonida un incarico alquanto singolare, singolare perché le vittime hanno scelto di essere uccise. Siamo a Labella, città bella ma ingannata, alla vigilia dell’ultimo concerto di Diego Ruiz (non chiedetemi dove, come e quando o perché sia l’ultimo concerto, attenetevi ai fatti o sveliamo troppo) e accanto al nostro killer abbiamo Morgana, una gatta che lo segue ovunque e a cui vorremo bene pagina dopo pagina.
Incontriamo con Leonida le sue vittime, entriamo nelle loro storie in cui: «Amore e morte. Li accostano spesso e invece non dovrebbero nemmeno frequentarsi, dovrebbero darsi del lei, del vossia, dovrebbero cambiare marciapiede quando si incontrano» ma Santa Muerte costringe a invertire ogni prospettiva, mescola i pezzi del puzzle per poterlo poi ricomporre. Tanto che arriva a chiedersi: «Perché cazzo mi chiedete tutti di prendermi in carico il vostro fantasma? (…) il male è vostro, e il mio mestiere non può essere la vostra salvezza, dovrebbe essere la vostra condanna, invece». La verità è che ci si condanna ognuno da sé, la disperazione è già una pena e non un movente.
Zanca ha un dono: la grazia nel raccontare anche le brutture del mondo, nel rendere il bene e il male nella loro forma più umana e comprensibile. Santa Muerte, pur nella sua posizione opinabile di killer professionista ci insegna l’empatia e la giustizia e che:
«Tutto, in un modo o nell’altro, si aggiusta».
«E se non si aggiusta?».
«Si vede che non si doveva aggiustare, forse era meglio così».
Titolo: Santa Muerte
Autore: Ettore Zanca
Editore: Ianieri Edizioni
Pagg: 210
Prezzo: 15,00
Voto: Illuminante