A cura di Letizia Cuzzola
Per deformazione professionale, per meglio memorizzare qualcuno che incontro per la prima volta, tendo ad associarlo a un’opera d’arte o a una canzone, se l’impressione è negativa a un animale. La prima volta che ho incontrato Antonio, stranamente, si è formata nella mente l’immagine del Ritratto di Émile Zola di Édouard Manet ed è partita Buika cantando La Bohemia. La ascolto mentre sfoglio le pagine de “L‘arazzo algerino” (Dialoghi, 2022) e mentre scrivo adesso, ritrovando fra quelle note originali di Aznavour la stessa grazia e sapore delle parole di Pagliuso: è un giallo, con tanto di colpo di scena che più di scena non si può (devo confessare che è la prima volta che arrivo a fine libro senza aver individuato l’assassino prima del protagonista), ma con una struttura e un linguaggio che lo rendono d’altri tempi. Un classico moderno solo per l’anno di edizione.
Per ovvi motivi non vi anticiperò nulla sulla storia, ben composta e tecnicamente inappuntabile, ambientata in un paesino di quel meridione silenzioso nella controra ma tanto rumoroso quando c’è da additare delle colpe e tramandarle di generazione in generazione. Quando c’è da osservare col sorriso sulle labbra e gli occhi a fessura chiunque provenga da appena fuori le mura del ridente borgo, come la famiglia Lemoine, di origini francesi, che si ritroverà suo malgrado a dover piangere la morte cruenta della figlia Polina, in casa. A risolvere il caso troviamo Ettore Meli, commissario della vicina Valbenedetto. Risolvere… diciamo che ci renderà la giustizia processuale, ben diversa da quella reale e veritiera. E ho scritto troppo.
L’arazzo algerino che dà il titolo al libro ben identifica il mistero che aleggia fra le pagine; l’impressione di muoversi fra le stanze di casa Lemoine e fra i vicoli di Longadonna è reale e, in precedenza, questa esperienza di lettura multisensoriale era avvenuta con l’ultimo lavoro di Olimpio Talarico. Questa divagazione mi è d’obbligo: la multisensorialità nella scrittura è una caratteristica che ho riscontrato soltanto negli autori classici della Letteratura calabrese, quella che ancora poteva (e a quanto pare può ancora se ci crede fino in fondo) vantare la lettera maiuscola iniziale.
Se Antonio vorrà proseguire lungo la strada della scrittura e della letteratura che non è mera paroleggiatura, ha tutte le carte in regola e l’equipaggiamento culturale per farlo. L’ho apprezzato e apprezzo come critico letterario, come scrittore sono certa non faticherà a trovare affezionati lettori. Con me a capo del fanclub.
L’autore
Antonio Pagliuso è nato a Lamezia Terme (CZ) nel 1990. Appassionato di libri e viaggi, collabora per Recensionilibri.org e per alcune testate online scrivendo di sport, cultura e spettacoli. È vicepresidente di Glicine associazione e rivista. È formatore nei laboratori di editoria e autore del romanzo Gli occhi neri che non guardo più̀ (Talos Edizioni, 2017).
Il libro
Titolo: L’arazzo algerino
Editore: Dialoghi
Pagg: 96
Prezzo: € 13
Voto/Vautazione: Promettente