L'editoriale
"I migliori orgasmi della nostra vita"
di Letizia Cuzzola
Ve lo ricordate il mio editoriale #maipiùcon? Quello in cui mi auguravo che sparissero alcune espressioni e convincimenti? Siamo di nuovo allo stesso punto: nuovo lockdown, assiomi che invece di svanire nel nulla si sono esacerbati e nuovi proponimenti che farebbero accapponare la pelle anche ad Apelle, figlio di Apollo con tutto il gallinaio. Roba che verrebbe davvero da pensare che la Terra è piatta e che molti da bambini quando venivano lanciati in aria per gioco non siano stati ripresi, ma si siano spiaccicati come frittelle sulla Terra che, in questo caso, è piattissima.
Il virus è ancora fra di noi, bello, ganzo e attivo, attivissimo, anzi… rinfrancato dalle vacanze al mare, ora ha i polmoni che gli funzionano a meraviglia. A lui. Ad aprile ci scandalizzavamo e pregavamo quando i contagi quotidiani erano poco più di un migliaio, adesso le cifre parlano di un esercito di malati che farebbe impallidire quello di Qin Shi Huang. Ma noi non siamo di terracotta. Lo sono le nostre strutture sanitarie. Nel tentativo di sedare gli animi, quel povero Cristo del presidente del Consiglio ci ha divisi in zone: gialla, arancione e rossa. Il putiferio. Gente in strada che neanche contro Moreno e i suoi cartellini di Daejon. Peppino, io ti ammiro per la santa pazienza che hai, per i tuoi modi gentili e il garbo ma gli italiani, se tu gli lasci poco poco di spazio di manovra, vanno subito a cercare il pelo nell’uovo con l’ago nel pagliaio. Non è cazzo nostro la disciplina. Io, al posto tuo, ci avrei divisi pure in tre zone:
“Sisalvanoperchéhannoimezzieletangentisonostatedivisebene”, “Sisalvanoametàperchéhannoculo” e “Nonsisalvanoneanchesecaladominiddio”.
Io, ovviamente, risiedo nella terza zona, quella in cui nel momento clou è morto il Presidente della Regione lasciandola in mano a un facente funzioni che definire naif è da Nobel per la pace. Non solo, siamo finiti in Zona Rossa perché quei pochi ospedali che abbiamo sono attrezzati meno di un ospedale da campo in zone di guerra per cui abbiamo più possibilità di salvarci con un pellegrinaggio a Polsi che ricorrendo alle cure sanitarie. Ma siccome a noi calabresi piace strafare, negli anni abbiamo regalato all’opinione pubblica una serie di personaggi davanti ai quali anche Benny Hill si sarebbe ritirato a vita privata. La sanità calabrese è passata di mano in mano da un commissario all’altro, ineccepibili sulla carta, da fare harakiri con la forbice per trinciare il pollo nella realtà dei fatti. In ordine di tempo, l’ultimo ha praticamente dichiarato di non sapere chi sia, cosa fa, dove sta andando e se sia nato prima l’uovo o la gallina. Giù polemiche in un #simumbrazzaamaria che si rincorreva sui social. Peppino, sei stato celerissimo nel risolvere la situazione. Troppo. Al suo posto ora ci ritroviamo con un negazionista pentito e in quarantena perché positivo, uno che sei mesi fa dichiarava che le mascherine non servono a un cazzo (citazione testuale) e che per scambiarsi il virus è necessario slinguazzarsi per almeno 15 minuti. Insomma, gli italiani sono un popolo di pomicioni, soprattutto gli anziani. Moriremo tutti ma con soddisfazione, va.
Quindi, mentre noi quaggiù protestiamo perché quella dicitura “Zona Rossa” ci mena nelle corna peggio che a un toro di Pamplona, il resto d’Italia resta in bilico fra un colore e l’altro per le proteste di ristoratori, artisti, genitori che non sanno dove posteggiare i figli… Onestamente? A mio modesto avviso? Minchiate. Le proteste, dico. Vi lamentate che non avete soldi per fare la spesa e il problema ora sono gli happy hour, gli aperitivi, le cene e il brunch che non potete fare. Vi strappate i capelli che chiudono cinema e teatri già chiusi perché i film e gli spettacoli da vent’anni si scaricano allegramente da casa e stigrancazzi se è illegale. I genitori, che mi perdonino la franchezza, sono la categoria peggiore: in Italia il concetto di famiglia nei decenni ha subito un graduale deterioramento fino a giungere a un’immagine ridicola di se stessa: molti procreano perché il presepe senza il Bambinuzzo non è completo; perché una famiglia senza un pargolo non è famiglia.
La scuola non è un parcheggio e non funziona che perché ve li siete tenuti a casa (è anche la loro, eh) da marzo e per tutta l’estate, ora li dobbiate per forza scaricare nuovamente sulla scuola, salvo poi prendervela con la stessa se malauguratamente una classe si trova in quarantena.
Ma i figli crescono, vanno educati, richiedono tempo e non funziona che li mollate a scuola la mattina, al doposcuola per metà pomeriggio e poi a calciobasketrugbyvattelappesca finché non li riportate a casa distrutti e li mettete a dormire. La scuola non è un parcheggio e non funziona che perché ve li siete tenuti a casa (è anche la loro, eh) da marzo e per tutta l’estate, ora li dobbiate per forza scaricare nuovamente sulla scuola, salvo poi prendervela con la stessa se malauguratamente una classe si trova in quarantena.
Stavolta il lockdown mi fa paura, come i numeri snocciolati quotidianamente dal Ministero della salute. Ma mi fa più paura la gente, la sua scarsa lungimiranza. Peppino, sai che ti dico? Chiudi tutto, fregatene di quel che ti dicono che tanto come la fai fai solo chi resta fermo non sbaglia. Chiudici, ma non per la pandemia, ma per noi stessi, che tanto l’idea di prendere il virus facendo l’amore non era poi così brutta, potremo almeno morire cantando “I migliori orgasmi della nostra vita” e che Renato Zero mi perdoni.