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Benedetto Ghielmi – Cocci di bottiglia - 2000diciassette

04/12/2020 00:01

Admin

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Benedetto Ghielmi – Cocci di bottiglia - 2000diciassette

Benedetto Ghielmi – Cocci di bottiglia - 2000diciassette - L'angolo della poesia - A cura di Letizia Cuzzola

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Benedetto Ghielmi

 

 

 

Cocci di bottiglia

 

 

 

2000diciassette

 

 

 

L'angolo della poesia


A cura di Letizia Cuzzola

 

La prima cosa che mi colpisce nell’aprire Cocci di bottiglia (2000diciassette, 2020) di Benedetto Ghielmi è l’assenza di una introduzione, di parole che non siano poetiche, che non siano le sue. Va dritto al cuore senza preamboli, come forse sarebbe giusto fare di fronte all’universalità della poesia.

 

Una raccolta breve di versi che sembrano puntellati, ossatura di una impalcatura più grande che ingombra l’autore che: «desidero compiere quest’opera non compiuta / quel sottile confine sa di intesa profonda, / voglio instancabilmente respirare il tuo essere / presente in ogni mia increspatura». Non è un rettilineo quello tracciato da Ghielmi, è un tragitto impervio in cui: «Cammino custodendo la gioia».

 

Non è possibile non percepire, sin dalle primissime pagine, un senso di smarrimento e, allo stesso tempo, chiarezza nel percorrere insieme un pezzo di strada con l’autore e ai suoi interrogativi: «mi si schiude davanti un nuovo orizzonte / dove giungerà il mio vagare?», quasi a rispondere: «speranza che si ridesta / per ricreare una nuova avventura».

 

È un viaggio personale, intimo ma, proprio per questo, universale: tutti noi abbiamo attraversato del momenti in cui: «ricomponiamo i nostri cocci per ricomporre la / speranza / promessa incompiuta» e «ogni singolo frammento è attesa».

 

Ghielmi appare piuttosto votato al pessimismo ma vi scorgo lo stesso errore di interpretazione madornale che si fece e si continua a fare con Leopardi. Il pessimismo, spesso, non è altro che sguardo limpido sulla realtà e porta con sé, paradossalmente, il germe della speranza laddove è dal più profondo pessimismo che scaturisce la forza per tornare alla luce; non è necessaria una luce abbagliante per “uscire a riveder le stelle”: «dietro il nulla / davanti il tutto». È la poesia della concessione della vita, dello scavare dentro se stessi costruendo strade, tane e intercapedini che permettono di giungere ai «tanti miracoli mai citati da nessuna bocca / ma ne basterebbe uno per far rifiorire l’amore». Ecco che fra le parole “che aprono”, come lo stesso Ghielmi suggerisce nell’omonima lirica, spunta l’amore, la forza primordiale di cui siamo tutti dotati ma che si ricerca altrove, in altri dimenticando spesso che è un dono da accogliere. È accogliente lo stile dalla punteggiatura essenziale: la vita non ha pause e l’autore: «ho sete di vita vera», di vita che traspare anche dalla bramosia del sacro che accompagna la lettura come un velo.

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