Luca Atzori

Vangelo degli infami

Eretica

L'angolo della poesia

A cura di Paolo Pera

La nuova opera di Luca Atzori, Vangelo degli infami (Eretica 2020), si presenta – al pari d’altri svariati esemplari di poesia contemporanea – come un canovaccio per la performazione dell’artista (idea che trova in me conferma dopo la visione di questa presentazione pubblica del libro. 

Confesso di non ritenere d’avere gli strumenti per comporre un’esegesi di quest’opera, la quale neppur si presta veramente a ciò, essa semmai deve essere vissuta per quello che in Atzori (e solo in Atzori?) riesce a diventare: un gioco, uno scilinguandolo, un esercizio di nonsense, e pure (ed emerge qui quel non so che da filosofo dell’autore, avverso però alla filosofia stessa…) dei tentativi di costruzione anti-logica: vedasi anzitutto Ex falso sequitur quodlibet.

Insieme ad alcune reminiscenze del suo passato (utili a creare quanto detto sopra) e a certe strumentalizzazioni letterarie- storiche-evangeliche, il Nostro – quale buon costruttore di linguaggi – sembra quasi motivare le ragioni che portarono l’imperatore Giuliano a condannare all’infamia ogni teatrante1: difatti in tale Vangelo Atzori crea non tanto una narrazione della Salvezza di questi, quanto la serie dei loro più tipici atti apostolici (vedasi i due Apostolati del volume); atti che solleticano l’animo a chi è pronto ad accettare la beffa – suscitando pure diverse risate goliardiche –, atti che ad altri farebbero destinare i detti «infami» alla morte o al confino… Pensandoci bene non possiamo non sentirci scherzati da questo autore, ma infine – dopo averne accettato la birichineria – tutto passa senza suscitare ulteriori riflessioni.

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1 Con l’Editto di Giuliano del 362 d.C.