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Quel segreto di Bermúdez: da dolore individuale a universale

19/12/2023 23:01

Admin

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Quel segreto di Bermúdez: da dolore individuale a universale

A cura di Gianfranco Cefalì

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Fernando Bermúdez

 

Segreto a più voci

 

Spartaco Edizioni

 

 

Le recensioni in LIBRIrtà

 


A cura di Gianfranco Cefalì

 

    Silenzio. Perturbante, come un essere vivo che ci accompagna nel nostro cammino, come una patina scivolosa, umbratile e pesante nel suo essere carico di potenzialità taciute o troppo espresse. Alle volte arrogante, come uno sguardo insincero, come un brusco gesto della mano, alle volte appena sufficiente a farci prendere una pausa, un attimo di riflessione. Alle volte bramato, come l’acqua per l’assetato, come le parole per un muto, come la ricerca di un odore che ci riporti a casa. Oppure alle volte sembra di essere dentro una camera anecoica, non sentire l’eco dei propri passi e avere la certezza concreata che quel silenzio potrebbe essere inenarrabile, o inesprimibile e sarebbe ancora più straziante. Il silenzio denso che possiamo toccare, possiamo sentire tra le dita, oppure nella testa, tra le migliaia di voci e suoni che rimbombano fino a farci male, scatenando connessioni inaspettate, esasperate a volte. E il silenzio non è altro che l’ennesima assenza nella nostra vita, nel nostro mondo. E rimane un senso di perdita, di smarrimento: la perdita di qualcosa che pensavamo ci appartenesse e non è così o non lo è più, e lo smarrimento dentro quella grande assenza a cui non sappiamo dare una vera immagine. E poi rimangono le parole, i segni, quell’Aleph e Bet che sono all’origine, che fungono da strumento per ricordare, per continuare, per perpetrare, ma soprattutto per creare.

 

    Cosa ci resta della storia? Cosa rimane delle storie? Nelle storie? Quelle individuali, personali, universali? Cosa rimane dell’uomo e della sua vita, dei suoi tentativi, delle speranze, delle bugie, dei tradimenti, dell’amore e della morte, dei cieli. E delle terre, quelle natie e quelle scelte dopo lunghi o brevi viaggi? Il silenzio rimane sempre un’opzione. Quello nostro, dei nostri cari, della nostra nazione, dei mostri che albergano dentro di noi. E la via giusta non è semplicemente quella dell’eliminazione del silenzio in favore del suono puro e semplice, la giusta via non è solo quella del ricordo, della narrazione, la giusta via è quella della creazione, del mescolamento, dell’andare avanti e indietro, del saper fare confluire all’interno di noi stessi e del mondo che ci circonda le parole giuste. L’atto stesso della creazione è quello che ci dà la speranza, è l’unica cosa che ci può far apparire il mondo in modo diverso, è l’unico atto umano che può farci andare oltre, oltre tutto, anche la morte. Che sia un suono armonico, una serie di frasi, di parole, un’immagine tracciata con dita e pennelli, un blocco di marmo scolpito o un uomo su di un palcoscenico che recita parole davanti a una platea risicata, in mezzo a una stanza in disuso e sporca, che sia tutto questo oppure il resto che potremmo immaginare, noi dobbiamo essere consapevoli che questi gesti, queste azioni potrebbero essere gli unici capaci di essere azione e cambiamento, memoria e trasformazione, potrebbero essere gli unici gesti con il potere della creazione o ricreazione del mondo.

 

    A me, Fernando Bermúdez, ha parlato di questo, del silenzio, ma non solo del silenzio dell’uomo, di un uomo, ma lo ha fatto per un’intera nazione, portando allo scoperto un dolore che da personale e ricercato diventa quello di un’intera generazione. Lo fa non dando nome all’unico protagonista che avrebbe bisogno di essere riconosciuto (perché è proprio di questo riconoscimento, sia interno che esterno, che avrebbe bisogno e che in qualche modo cerca, a cui anela) e lo fa anche utilizzando la storia, quella (come si dice spesso) con la esse maiuscola. Intreccia quella che ipotizziamo (e qui il termine è giusto, perché le domande sono tante e il gioco con il lettore, tra lettore e scrittore, è dichiarato, non come una guerra, ma come una sfida) la vita di alcuni personaggi, parlandoci di persone forse inventate e altre realmente vissute e che hanno rivestito un ruolo molto importante nell’Argentina contemporanea. 

 

    L’autore usa una polifonia di voci per dare vita o ridare vita attraverso la parola, per costruire e decostruire, investigare, creare anche quello che non sappiamo. Costruisce un intreccio che sfida i generi e li ingloba quasi tutti, dando alla creazione e al potere della letteratura e della scrittura un significato molto particolare. 

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    Se la struttura si mantiene quieta, non stravolgendo il lettore con soluzioni ardite, la scrittura meraviglia sempre, rivestendo il ruolo di un vero e proprio protagonista, riuscendo a distaccarsi e a rendere corpo e mente a tutti i personaggi. Muta a seconda delle circostanze e si fa precisa e ispirata nel tratteggiare alcuni personaggi e diventa veloce e tumultuosa (quasi logorroica, ironica e sfacciata) per descrivere la protagonista. L’autore riesce nell’impresa di costruire un romanzo sfaccettato che possiamo tranquillamente definire politico, civile e umano. Il romanzo rientra nel canone (se di canone vogliamo proprio parlare, perché ogni autore è una scrittura a sé) sudamericano e ricorda gli altri grandi scrittori argentini (inutile che vi dica Borges o Cortázar o per spostarci solo di poco e rimanendo in Sud America, Bolaño), riesce a non essere un semplice epigono e a dare un suo preciso volto all’idea di letteratura, così come si legge sulla quarta di copertina: “La letteratura, come il corpo di Frankenstein, è formata da resti, da frammenti”, ed è proprio con questo materiale che l’autore “gioca” e ci fa partecipi del suo ludibrio intellettuale per permetterci di entrare in quel mondo dove il confine tra realtà e finzione è sempre labile e sottilissimo. Un confine che riesce benissimo a essere varcato dal potere creativo della letteratura. Lontano dall’essere solo un gioco per puro divertimento, questo romanzo ha il sapore della vera letteratura, ci pone davanti alla storia (quella che di solito si scrive, come dicevo prima, con la S maiuscola) e riesce nel perfetto mix tra reale e fantasia a parlare non soltanto dell’Argentina e di uno dei suoi grandi drammi, non solo dell’uomo e delle sue perdite più importanti, ma riesce a farlo, facendo e parlando, scrivendo letteratura. 

 

    Un grande plauso va a Spartaco Edizioni che ci riporta in Italia questo grande autore dopo la splendida raccolta di racconti “La metà del doppio”, e un ringraziamento anche all’eccezionale e prezioso lavoro di traduzione di Gianni Barone. 


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L'autore

Nato  a  Buenos Aires nel 1962. Vive a Stoccolma dove ha  riunito un circolo di autori latinoamericani lì residenti, il Grupo Estocolmo, e vi coordina laboratori di scrittura. È docente di Linguistica moderna  all’Università di Uppsala. È membro della Writers Society Sweden.

Con La metà del doppio ha vinto il Premio Cortázar nel 1994 e il Premio Juan Rulfo nel 1997.

È italiana la prima edizione assoluta del romanzo Segreto a più voci pubblicato da Edizioni Spartaco.

 

Il lbro

Titolo: Segreto a più voci

Editore: Spartaco

Pagg.: 250

Prezzo: € 16,50