
Piero Juvara
Sole nuovo
Edizioni La Villisa
L'angolo della poesia
A cura di Paolo Pera
L’opera seconda di Piero Juvara, Sole nuovo (Edizioni La
Villisa, Bari 1994), raccoglie – come specificato nel sottotitolo
– poesie sulla vita, sulla fede, sull’amore e (pur in minima
parte) sulla morte. L’autore si dibatte infatti tra questi temi
risultando comunque un poeta del “dolore raddolcito” (mi si
passi il termine) dalla fede, una fede certa come ipotizza per lui
il prefatore (Roberto Laudani).
Nella poesia incipitaria il Nostro pone quelle che
sembrerebbero essere le linee guida del suo poetare: «Se
vogliamo capire la disperazione / e il motivo di essa, dobbiamo
far conto / di avere, intorno a noi, due orizzonti, / come due
grandi cerchi concentrici», il primo sarà «il confine delle
miserie umane» mentre il secondo «la Speranza e la Fede»
nelle quali «si scorge la luce dell’Assoluto». Il poeta insomma
sembra – come già si diceva sopra – angustiato da una pena per
le cose che esistono, pur avendo un’apparente certezza che
tutto questo dolore non sia vano: «Sta a noi, dunque, nel nostro
pellegrinare, / di stabilire dove posar lo sguardo», e Juvara –
benché assediato dai «frammenti d’ansia», per citare la sua
prima opera – sa bene dove posarlo.
Una metafora coglie il nostro stupore: là dove il poeta
dichiara di essere una creatura lunare (o forse la stessa luna?):
«Sono come la luna. / Fermento in chiaroscuro», metafora
questa di fragilità “rigogliosa” quando aggiunge: «[…] come
l’esile fiore che muore / per i sentieri invisibili del Cosmo».
Questa luna, in aggiunta, ci dice: «Grido talvolta, urlo,
piango, / ma tutto poi disperdo in allegria», ecco – come si
diceva più su – il “dolore raddolcito”, qui addirittura in un
mirabile esempio. A fargli da controcampo abbiamo altresì
questi versi: «[…] per quell’antico male, / perfino il mare /
aveva cambiato rumore / […] Oh, mio Dio / […] all’immensa
Luce / del Tuo nuovo Sole, / torno a sentire / la voce giusta del
mare», il poeta insomma fuoriesce a periodi dal male di vivere
incontrando di volta in volta quel Dio che in lui torna a
splendere in forma di sole, di rinascita spirituale ed
esistenziale, ridando così colore, gusto, odore e suono alle
cose. Dio è forse l’astro che nel poeta si accende? Di certo
Luce trascendente è per gli animi a questa volti. Interessante
sarebbe pensare Dio quale sole (“Sole nuovo”, Sole che sempre
rinasce nella Sua lirica creatura) mentre, come ipotizzavamo
poco prima, il poeta potrebbe andare ad assumere il ruolo di
luna (come peraltro ci spinge a fare un ritratto di questa,
Bianca, grande, immensa luna, che tanto sembra un autoritratto
metaforico del Nostro); a questo punto gli stadi della poesia di
Juvara potrebbero essere raffigurabili con la terra, e avremmo
così quanto ci interessa della nostra galassia.
Per dare tutti gli spunti necessari dei vari registri lirici del
verseggiatore catanese pongo di seguito un florilegio di versi:
un po’ per tipo (quattro come indica il sottotitolo), capaci però
di esemplificare i percorsi nell’opera contenuti. Rispetto al
tema della vita propongo questi versi: «La vita è un grande
carro antico / dove viaggiano guitti e burattini / dove le pene e
il dolore è amico / della morte in profumati lini»; per il tema
della fede: «Se Dio vorrà / ci sarà solo il vento quel giorno / a
spazzare gli oceani e violare / il profondo degli abissi / e
profanare gli anfratti più remoti / e abbattere le montagne /
dalle cime orgogliose / e a sommergere le foreste e i deserti / e
cancellare ogni traccia di uomo / e non si sentirà più / l’urlo
disumano dei morti / e sparirà il sangue nella notte / e ci sarà
solo il vento»; per l’amore: «Dentro l’altalena dei miei pensieri
/ che non trovavano un futuro, / tu sei entrata quieta, /
discreta, / come in punta di piedi… / / Io non t’aspettavo, non ti
cercavo… / la mia idea ferma al diniego / di un legame
duraturo. / Cavallo imbizzarrito / non mi domavo… / / Eppure,
tu, serena, decisa, / con quel tuo amore strano, paziente, / come
una goccia / lenta, inesauribile, / nel mio cuore / hai lasciato il
segno»; infine, per il tema della morte propongo questo distico:
«Il Sentimento: la Vita. / La Ragione: la Morte».