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È "Marcel ritrovato" di Giuliano Gramigna (Il ramo e la foglia edizioni) il #ConsigLIBRO Dicembre 2023

30/11/2023 23:01

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È "Marcel ritrovato" di Giuliano Gramigna (Il ramo e la foglia edizioni) il #ConsigLIBRO Dicembre 2023

ConsigLIBRO Dicembre 2023 - A cura di Gianfranco Cefalì

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Giuliano Gramigna

 

Marcel ritrovato

 

Il ramo e la foglia edizioni

 

Le recensioni in LIBRIrtà

Il ConsigLIBRO Dicembre 2023


A cura di Gianfranco Cefalì

 

    Di questo libro non ci ho capito nulla! (Chiedo scusa per il punto esclamativo, serve solo per dare enfasi alla prima frase, all’incipit. Qui ci sarebbe stata bene una nota a piè di pagina, così per restare all’interno di questo romanzo, ma ho voluto evitare che già dalla prima riga voi doveste scorrere fino in basso e leggere. In realtà quella prima frase mi serve solo come esca, per pescare, magari, qualcuno di voi che aspetti chissà che cosa da queste mie riflessioni, parlando male o di confusione in questo libro. Nella serietà che adesso mi riprendo posso invece dire che il libro l’ho capito, anzi potrei dire che il libro si lascia capire, si lascia leggere con il suo ritmo lento e vigoroso, pieno nonostante sembri che non succeda niente di così eclatante; in realtà le cose succedono, solo che i movimenti che riguardano principalmente un personaggio, saranno indirizzati molto verso l’interno e poco verso il contrario. Lento non vuol dire privo di ritmo, è un romanzo che potremmo anche riassumere con degli ossimori: lento/veloce, caos/quiete, alto/basso, vita/morte, giovinezza/vecchiaia, e potrei continuare all’infinito. Cosa è la vita se non una lunga serie di opposti, di contraddizioni?).

    Questo libro è straordinario! (Ancora con il punto esclamativo, ancora una stupida esca per farvi abboccare. Anche qui ci starebbe bene un’altra nota in fondo alla pagina, ma sono consapevole che la ripetizione del gioco può alla lunga stancare. Avreste dovuto già capire che molto probabilmente è solo parte del mio meccanismo narrativo. Lo so, lo avete capito, bravi! Non userò più punti esclamativi, ve lo prometto. Ma stavolta questa frase vuole esprimere una verità, la mia verità, e dell’esca ha solo l’aspetto del gioco e “questo libro è straordinario” rispecchia in pieno il mio pensiero. Perché questo libro è straordinario? Ecco servita la soluzione: non ordinario, che esce dall’ordinario, dal solito, dal normale o dal comune. Qui mi è venuta in aiuto la Treccani, nella definizione, sempre per essere il più preciso possibile. Sì, perché questo libro scritto nei primi Sessanta e pubblicato nel 1969 per la prima volta, si allontana dalla maggior parte delle pubblicazioni contemporanee. Voi allora vi starete giustamente chiedendo come fa ad allontanarsi… domanda legittima la vostra. Basterebbe leggere la postfazione di Ezio Sinigaglia per capire, qui cercherò di essere breve: la struttura sembra semplice, ma non lo è affatto, e seguire il protagonista Bruno tra le sue avventure interiori ed esteriori darà al lettore una prova non ardua ma soddisfacente, una lettura che non si può fare, come si dice, sotto l’ombrellone, sì, in realtà si potrebbe fare, a patto che siate consapevoli che l’afa e il caldo potrebbero minare la lucidità della vostra lettura e comprensione. Sto scrivendo che è un libro difficile? No. Assolutamente no. Non nei termini che siamo abituati a considerare. Non troverete una storia piena di colpi di scena, in cui il ritmo è scandito ad arte con la più banale e comune curva sinusoidale, da buona scuola di scrittura, il lettore sarà chiamato all’impegno, alla concentrazione, alla partecipazione. Non è poco, ed è una caratteristica che ultimamente trovo sempre meno nei romanzi contemporanei. Andare avanti e indietro da una terza persona onnisciente ad una prima persona, mescolare il narratore con il protagonista, poi leggere gli interventi dello scrittore stesso nella storia che cerca di correggere il tiro, di suggerire o cercare di non anticipare, non è cosa che si vede tutti i giorni). 

    Prima facevo riferimento a Ezio Sinigaglia, lo facevo anche perché mi ha in qualche modo ricordato proprio Sinigaglia, il cui libro Pantarei, uscito per la prima volta alla fine degli anni Ottanta, è stato ristampato solo da pochi anni ed ha avuto grande successo di critica (e anche di pubblico, tanto che adesso viene considerato uno dei più bravi autori contemporanei, con tante e stupende pubblicazioni che non possono far altro che piacere a noi lettori), dicevo che lo ricordava proprio perché Gramigna e Sinigaglia sono due autori anticipatori, due scrittori che erano, all’epoca delle rispettive uscite, avanti nel tempo, tanto che i loro libri (soprattutto Sinigaglia, mentre invece Gramigna è caduto nell’oblio nonostante i riconoscimenti che ebbe all’epoca) sono stati apprezzati solamente adesso, quando, forse, la consapevolezza dell’assoluta qualità dei loro lavori è finalmente stata riconosciuta. Pre-postmoderno. Ecco la definizione giusta. Ancora una volta è Ezio Sinigaglia che ci viene incontro e ci tende la mano della letteratura, ed ecco spiegato il perché questo libro è straordinario. 

    Ora voi vorreste sapere, magari, di cosa parla questo libro. È una domanda legittima anche questa. Potrei riportare la trama, potrei fare un riassunto o trascrivervi la sinossi. Ma cosa vi dovrei dire? E di cosa vi dovrei parlare? Potrei dirvi che c’è un triangolo amoroso (classica situazione, troppo classica, allora potrei dirvi che è un quadrilatero amoroso, anche qui, non ci siamo, non è assolutamente questo il cuore del libro), no, io direi che Bruno, Roberta e Marcel possono sembrare un triangolo, ma all’autore interessa un solo vertice, o comunque un triangolo scaleno in cui un lato è enormemente più lungo degli altri. (Escludo dalla figura Roberta, così si rimane stabilmente nel triangolo e abbandoniamo i quattro lati, perché questo personaggio sembra un punto sullo stesso piano ma completamente al di fuori della figura geometrica, sembra più una retta parallela o al massimo convergente o divergente, dopo tanta strada e in base alla situazione mentale e materiale di Bruno).

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 Allora cercherò di essere più chiaro: Bruno, che in gioventù era invaghito di Roberta (parlare di amore non avrebbe senso, almeno nel senso comune delle cose, anche perché i ragionamenti di Bruno vanno letti e sono alle volte spiazzanti), è stato chiamato dalla sorella (la Gianna) per ritrovare Marcel che non è tornato più dalla sua sposa Roberta dopo un viaggio di lavoro a Parigi. Ecco, così vi ho scritto in breve (molto breve) la trama. Non volevo, perché detta così, scritta così, non ha molto sapore e rischia di invalidare tutta l’architettura messa su da Gramigna nello scrivere il suo romanzo. Il Marcel del titolo vi avrebbe già dovuto far pensare a qualcosa che non ha nulla a che vedere con la freddezza della geometria e riportarvi sulle strade del ricordo, del mondo interiore, nella sfera dell’umanità più dura e sensibile in cui lo struggimento verso il passato è solo una delle opzioni e il combattimento interno non è solo rivolto alla “Madeleine” ma a tutto, al passato, al presente e al futuro. Questo romanzo (che si ispira come avrete capito a Proust) non prende in modo semplice le mosse dall’autore francese, ma rimescola le carte distribuendo al lettore una serie di spunti che meriterebbero ognuno una trattazione a parte: non c’è solo il ricordo della giovinezza, del passato dolce e melodioso, di quell’amore che poteva essere e non c’è stato, di una vita che poteva essere. C’è anche la vita di adesso, quella lotta tutta interiore che solo la quotidianità di una società nel pieno del boom economico sa frantumare, mettendo in risalto (come scrivevo prima a proposito degli ossimori) le idiosincrasie del periodo, il dialetto milanese con l’italiano alto dei protagonisti, i salotti medio-alto borghesi con le strade, i passanti e le botteghe di quartiere. 

    Ma uno dei punti cruciali è sicuramente il rapporto (che possiamo solo immaginare, possiamo solo intuirlo, immaginarlo solo filtrato attraverso la lente deformata o perfettamente a fuoco di Bruno) tra Bruno e suo padre, tra il protagonista e questa figura che è scomparsa da poco dalla vita di Bruno e che nonostante tutta la loro storia pregressa sembra ancora ingombrante come una montagna di scarpe in un angolo della casa. 

    Metaletterario: produzione o pratica letteraria che ha come argomento i processi e le convenzioni della letteratura e della scrittura (anche qui mi è venuta in aiuto la Treccani). Ecco una buona definizione che è molto attinente a questo romanzo. (Non mi pronuncerò oltre perché: 1: Vi toglierei quel piacere che solo la metaletteratura sa dare e dovrei scoprire un po’ troppo i giochi dello scrittore; 2: Non credo di essere così competente da riuscirvi a spiegare tutto per bene come si meriterebbero questo libro e questo autore).

    Giuliano Gramigna è uno scrittore fenomenale, colto, sagace, ironico. Usa a perfezione la scrittura e le parole, spazia dal dialetto milanese al francese, all’inglese, usa la lingua italiana in maniera dosata e cavalcante (ricordate gli opposti), non risultando mai banale o scontato e seguire le sue frasi, le sue costruzioni, è davvero un piacere. Riesce nonostante quello che sembra essere un gioco (qualcuno potrebbe parlare di divertissement) a trasmettere bene tutta l’angoscia e i dubbi dell’essere umano. Siamo negli anni Sessanta ma potrebbe benissimo essere oggi (ecco, potrei parlarvi di come i grandi romanzi siano sempre contemporanei al lettore), non si avverte assolutamente l’età del romanzo e risulta molto più a fuoco di molte produzioni coeve.

    Infine vorrei scrivere e fare i miei complimenti alla casa editrice che ha recuperato questo romanzo. Il ramo e la foglia edizioni è una realtà relativamente giovane nel panorama editoriale italiano e già si sta facendo notare con molte pubblicazioni interessanti. Questo romanzo è un piccolo gioiello dimenticato che finalmente è stato riportato alla luce.


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L'autore

Giuliano Gramigna (Bologna, 31 maggio 1920 - Milano, 15 aprile 2006) è stato un critico letterario, scrittore e poeta italiano. Dopo la laurea in giurisprudenza, esordisce come giornalista per un periodico milanese, finché, nel 1952, inizia a collaborare alle pagine culturali del “Corriere della Sera”. Ha scritto romanzi, raccolte di versi, saggi e ha tradotto dal francese opere di Alain-Fournier e Charles-Louis Philippe. Marcel ritrovato, pubblicato con Rizzoli nel 1969, è il suo terzo romanzo e ha ricevuto, nello stesso anno, il Premio Selezione Campiello e il Premio Campione d’Italia.

 

Il libro

Titolo: Marcel ritrovato

Edizioni: Il ramo e la foglia

Pagg.: 226

Prezzo: € 17,00